La nuova inchiesta “Dominio” della Dda e della Finanza sulla riorganizzazione del clan di Mangialupi e le fortune economiche del commerciante Domenico La Valle regge davanti ai giudici del Tribunale del Riesame.
I numeri parlano chiaro, visto che tra gli indagati raggiunti da misure cautelari che avevano presentato ricorso al collegio della Libertà, per 14 i giudici hanno rigettato i ricorsi e soltanto per altri due si sono registrate variazioni.
I giudici dopo il confronto accusa-difesa dei giorni scorsi hanno infatti depositato le ordinanze: per 14 è stata confermata l’applicazione della misura cautelare originaria, mentre è stata integralmente annullata quella di Angelo Aspri, che è stato assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro.
È stata invece parzialmente rivista la misura a carico di Carmelo Bombaci, che si trovava in precedenza agli arresti domiciliari per l’operazione antimafia “Matassa” ed era entrato in carcere per la “Dominio”, e adesso torna ai domiciliari per la “Dominio”. Bombaci è assistito dall’avvocato Massimo Marchese.
Gli indagati sono accusati a vario titolo tra l’altro di associazione mafiosa finalizzata all’estorsione e allo spaccio di droga, scommesse e detenzione di videoslot illegali. Durante l’operazione sono stati sequestrati anche parecchi beni. I finanzieri hanno sequestrato tre società operanti nel settore del noleggio di apparecchiature di gioco e scommesse, diciotto immobili, tra cui una lussuosa villa con piscina, un prestigioso appartamento con attico, una rivendita di generi di monopolio, e una imbarcazione per un valore complessivo di 10 milioni di euro.
Le indagini hanno anche chiarito che all’interno del rifornimento di carburante di viale Gazzi, nelle vicinanze del bar gestito da La Valle, vi era un vero e proprio bancomat dell’organizzazione. In una botola nella cabina in uso ai dipendenti del rifornimento, proprio a dimostrazione del gran flusso di denaro proveniente dalle attività illecite, sono stati infatti trovati e sequestrati 140.000 euro in denaro contante. Recuperato anche un “libro mastro” dove erano annotati, con cadenza mensile, i guadagni (quasi 2 milioni di euro) che la cosca era riuscita ad incassare.