Un piano nato per riorganizzare la rete dell’emergenza-urgenza. Frutto di un lungo, complesso lavoro – di cui va dato atto all’assessore regionale alla Salute Baldo Gucciardi, sostenuto dall’assenso della VI Commissione dell’Ars e in ultimo del tavolo romano interministeriale – di rifilature e bilanciamenti, di strategia politica ma anche di sforzi volti al reale contemperamento dei parametri normativi e finanziari rispetto alla concreta erogazione di servizi essenziali.
C’è un aspetto specifico, però, che su un territorio in particolare, quello messinese, sembra ben lontano dai ricercati criteri di efficientamento e, anzi, si profila quale presupposto perfetto per un rapido impennarsi – a spese dei pazienti critici – delle emergenze che invece si sarebbero volute fronteggiare. Alla rimodulazione dei servizi ospedalieri (con la nuova mappa delle unità operative e dei posti letto, definita nel suo complesso, ma oggetto ancora di ultime “limature”, di cui si discuterà proprio stamane a Palermo con tutti i manager della Sanità siciliana) la nuova rete infatti affianca la revisione del servizio 118 e della dislocazione delle ambulanze. Una “cura dimagrante” (fondata sull’applicazione rigorosa del parametro che prevede un’ambulanza medicalizzata ogni 60.000 abitanti) che colpisce profondamente proprio il territorio messinese e i suoi 108 Comuni, distribuiti su una delle aree geografiche più variegate e accidentate dell’intera isola. La nuova pianificazione mantiene infatti le 37 ambulanze (cui va aggiunto l’elisoccorso) ma di esse falcia quelle con medico a bordo, che da 26 diventano 13. E solo nella città di Messina su cinque mezzi di soccorso operanti, il medico sarà presente a bordo di una sola ambulanza e un altro presterà servizio non su un’ambulanza ma su un’auto medica.
Ben tredici mezzi in tutta la provincia si trasformano così in “taxi” sanitari, condotti da autisti-soccorritori di certo esperti, ma non abilitati all’intervento specialistico e, dunque, obbligati a condurre i pazienti non nella struttura più adatta alla patologia presentata, ma in quella logisticamente più vicina. Evidenti le conseguenze, devastanti: in termini generali di efficacia del soccorso, e particolari, d’irreparabile danno ad un sistema d’intervento, quello delle reti “tempo-dipendenti” (IMA per l’infarto, STROKE per l’ictus, e poi STEM e STAN per il trasporto materno e neonatale critico) nel quale proprio il nostro territorio, una volta tanto, stava primeggiando; e poi gli effetti da un lato in termini di organico (in esubero potrebbe esserci il 50% dei 150 medici di emergenza sanitaria territoriale), dall’altro di mancato impiego delle sofisticate strumentazioni installate sui veicoli. Proprio sull’emergenza 118, il prossimo martedì, si terrà nella sede dell’Ordine dei medici di via Bergamo una riunione alla quale sono stati invitati dal presidente Giacomo Caudo i deputati e i sindaci dell’area metropolitana, nella qualità di massima autorità sanitaria per il proprio territorio.
E intanto a farsi portavoce di un allarme generalizzato fra gli addetti ai lavori è il direttore della centrale operativa del 118 di Messina, Domenico Runci: «Con una simile rimodulazione – avverte – non potremo più rispettare la precisa dinamica dettata dalle necessità d’intervento in specifiche patologie, come in particolare l’infarto acuto del miocardio e l’ictus cerebrale, nelle quali invece fino ad oggi abbiamo registrato successi nell’80% dei casi, riscuotendo approvazione anche dallo stesso assessore Gucciardi e superando le percentuali di altre regioni italiane».
«Un taglio che ha colpito in maniera così massiccia solo il territorio messinese – afferma il dott. Antonino Grillo, medico in servizio al Pte di S. Teresa di Riva, responsabile dell’esecutivo nazionale dello Snami e delegato all’emergenza territoriale per Messina – dov’è stato applicato il criterio dei 60.000 abitanti quando invece si sarebbe potuta tranquillamente operare una deroga. Non ci spieghiamo inoltre le rassicurazioni dateci dall’assessore Gucciardi, che fino a poco tempo addietro parlava dei corsi di formazione per i medici. Nelle altre realtà, i tagli sono minimi, ad esempio Catania perde tre ambulanze medicalizzate, mentre Trapani ne guadagna addirittura due».