Sulla Gazzetta ufficiale, al momento, c’è solo la proroga fino al 30 giugno. Non c’è motivo di dubitare dell’impegno assunto nei giorni scorsi dal ministro Graziano Delrio, che ha assicurato di mantenere in vita l’Autorità portuale di Messina-Milazzo fino a tutto il 2017, ma senza atti concreti, le parole restano parole. Ed è questo il primo capitolo aperto, nel libro della “gran confusione” sotto i cieli dello Stretto.
«Daremo la possibilità di approvare il nuovo Piano regolatore del porto», ha dichiarato Delrio esattamente la scorsa settimana. La Regione siciliana ha assicurato che l’approvazione definitiva dell’indispensabile strumento di pianificazione atteso dal 1955 – questi sono i nostri tempi, madama la Marchesa... – avverà entro ottobre. Ergo, a giugno dovrebbe esserci un’ulteriore proroga al mandato commissariale affidato all’ex presidente dell’Autorità portuale Antonino De Simone, fino al 31 dicembre. Ma chi può dare certezza sui tempi e sulle scadenze mai rispettate né a Palermo né qui a Messina?
Ed ancora. Qualcuno ha forse dato risposte ai quesiti lanciati nei giorni scorsi dagli autorevoli esponenti del movimento CapitaleMessina? Le sintetizziamo rapidamente. 1) La sede itinerante o l'alternanza tra Sicilia e Calabria, prefigurata nelle parole del ministro Delrio, non è prevista dal decreto di riforma della portualità italiana, che stabilisce la localizzazione della sede nel porto “core” dell'Autorità di sistema, quindi nel nostro caso Gioia Tauro. Salvo che, ai sensi del comma 3 dell'articolo 7, il governatore della Regione faccia istanza di trasferimento altrove, come è successo per la Sicilia orientale a Catania. Ma da noi chi dovrebbe richiedere lo spostamento della sede, il presidente della Regione Calabria o Rosario Crocetta che, sull’argomento, alterna dichiarazioni furenti a silenzi inquietanti?
2) L’articolazione periferica dell'Autorità che avrà sede a Messina è l'Ufficio portuale che avrà poteri e mansioni limitati, visto che il decreto attribuisce al presidente «tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione» e «la gestione delle risorse finanziarie». Per garantire, dunque, la piena autonomia amministrativa e gestionale dei porti di Messina e Milazzo, occorre modificare la legge, non c’è alternativa. 3) «Il presidente – stabilisce il decreto – amministra le aree e i beni del demanio marittimo, ricadenti nella circoscrizione territoriale di competenza, sulla base delle disposizioni di legge in materia, esercitando, sentito il Comitato di gestione, le attribuzioni stabilite negli articoli da 36 a 55 e 68 del codice della navigazione e nelle relative norme di attuazione». E, quindi, chi può dare certezze sul fatto che tutti gli investimenti previsti sulle porzioni demaniali, dalla Fiera alla Falce, saranno portati a termine, senza che il presidente o i componenti del Comitato di estrazione calabrese, fiatino. L’unica certezza – come ha giustamente sottolineato CapitaleMessina – è costituita dal fatto che nel futuro Comitato di Gestione vi è uno squilibrio nei rapporti di forza tra le due sponde dello Stretto: tre componenti su 5 sono infatti di nomina calabrese, uno nominato dalla Regione, uno dal comune di Reggio ed uno da quello di Gioia Tauro.
Ecco, sono temi concreti, non battaglie campanilistiche di retroguardia (è incredibile che alcuni nostri politici e deputati continuino ad avere le bende sugli occhi...). Cercansi autorevoli professionisti del cruciverba per risolvere il rebus...
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