Da ieri al prossimo 1 aprile, nell'atrio del Rettorato dell'Università di Messina, sarà possibile visitare gratuitamente la mostra “Migranti, la sfida dell'incontro”: si tratta di opere itineranti che hanno iniziato il loro cammino a Rimini, in occasione della XXXVII edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli. L'iniziativa è organizzata da Ufficio Diocesano Migrantes, Caritas Diocesana di Messina, Comunione e Liberazione, assieme alle associazioni Hic et nunc e Don Giuseppe Raggi, con il patronicio dell'Ateneo.
Nell'Aula Magna si è tenuto il battesimo, contrassegnato dal convegno al quale prenderanno parte Claudio Gambino (docente di Geopolitica dell'Università Kore di Enna), Delfina Licata (Fondazione Migrantes e redattrice Rapporto Italiani nel mondo), suor Etra Modica (Assmi-Associazione suorescalabriniane a servizio dei migranti), moderato dall'avvocato Gianluca Gullotta (Responsabile fraternità Comunione e liberazione).
“La migrazione dipende da come la si guarda – ha esordito Delfina Licata -. Parlare di mobilità in Italia significa soffermarsi su spostamenti strutturali che accompagnano la storia di questo Paese da sempre, perchè anche gli italiani continuano a spostarsi. Purtroppo lo stereotipo della paura della diversità continua a caratterizzare la mobilità in entrata. Nel 2006 la fondazione Migrantes ha dato una nuova chiave di lettura al fenomeno dell’immigrazione. Da qui è nata una pubblicazione, il rapporto italiani nel mondo, che nel 2016 ha raggiunto l'undicesima edizione”. Restano però sullo sfondo delle domande: chi sono i migranti che ora si stanno spostando dal’Italia? Da cosa è costituita la mobilità in Italia in questo momento? La risposta può essere in una risposta che cambi totalmente la visione anche dei termini usati. Sostituire fuga di cervelli con circolazione di cervelli, ad esempio.
“Si è parlato spesso di un’Europa sociale, non più solo economica – ha ricordato il professor Gambino -, è vero che serve un’unione più forte, resiliente, perchè chiamata a rispondere a sfide senza precedenti su tutte le scale geografiche”. Ed invece pesano ancora diseguaglianze di ogni genere, populismo, pressione migratoria. “Inizialmente l’immigrazione si considerava un tema geosociale, ora è trasversale, coinvolge anche le dinamiche politiche e elettorali – ha aggiunto -. Per questo il fenomeno viene manipolato in base alle circostanze. Le migrazioni sono test di intelligenza per tutta l’Europa. C’è una percentuale dell’opinione pubblica italiana che ritiene l’immigrazione il più grande pericolo che sta colpendo il nostro Paese, ma la questione dei migranti viene anche affrontata con grande serietà da molti enti e istituzioni”.
Chi siamo diventati noi e dove stiamo andando? Bella e senza dubbio toccante è la testimonianza del giovane Ivan, del Camerun, 18 anni, da tre anni in Italia. “Faccio parte di quelle persone che stanno dietro i tanti numeri, sono scappato per motivi religiosi, con mio fratello. Ho attraversato Nigeria, Algeria, Marocco, Tunisia, Algeria, Libia per arrivare in Italia. Ogni citta in cui mi trovavo dovevo lavorare e risparmiare per la tappa successiva. Io ero più piccolo, mio fratello aveva paura del mare. Così in Italia sono arrivato da solo, tre giorni in pericolo. Sono stato accolto benissimo, sono andato allo Spirito Santo dove ho incontrato una signora che poi è diventata mia madre. Era l’unica con cui parlavo perchè conosceva il francese. Avevo paura ad accettare subito, come voi vi spaventate di noi non è che dall'altra parte non vi siano mai timori”. Ma poi la vita è cambiata: “Mai nessuno mi aveva fatto una sorpresa eppure ho vissuto momenti difficili, per me era un mondo nuovo, non mangiavo nulla, solo biscotti. Ma ho incontrato gente meravigliosa che mi ha fatto capire tanto. Non abbiamo mai litigato in tre anni con Andrea, mentre con mio fratello di sangue accadeva tutti i giorni. Non siamo tutti uguali, tra noi come tra voi ci sono persone perbene e chi lo è meno”.
Le conclusoni finali sono stati poi affidate a Suor Etra Modica che si è ispirata al magistero del Papa: “E' iniziato con il concetto del vengo dai confini del mondo, a distanza di quattro anni capiamo che questa guida ha ridisegnato la geografia del papato. Francesco ci insegna che il migrante è un segno dei tempi, un luogo teologico, ha definito i rifugiati carne di Cristo. Ci ha fatto entrare in una riforma di crescita e inclusione. Sta riscattando la cultura dell’indifferenza attraverso un linguaggio nuovo e un carisma che non schiaccia, ma promuove. Trasformando l’autorità in servizio alla fragilità”.