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Hotspot in città, ancora proteste

Hotspot in città, ancora proteste

Ormai è una corsa contro il tempo per fermare il progetto del governo nazionale di realizzare a Messina un hotspot, uno dei due che dovrà sorgere entro la fine di marzo. L'altro è previsto a Mineo. La Sicilia dunque diventerà sempre di più terra di frontiera se si considera che gli altri centri del genere si trovano a Trapani, Lampedusa e Pozzallo e uno solo fuori dall'isola, quello di Taranto.  Un disegno preciso al quale i siciliani ed in particolare i messinesi hanno deciso di ribellarsi anche se sono  molto differenti le ragioni che animano la protesta. Per il sindaco renato Accorinti l'hotspot è una sorta di lager che va nella direzione opposta rispetto alla politica di accoglienza voluta da questa amministrazione comunale. Stamattina il primo cittadino si è recato a Roma per una serie di impegni istituzionali ma anche per fissare un incontro a brevissima scadenza con il ministro Minniti al quale ribadirà l'opposizione della sua giunta all'hotspot. Vogliamo strutture dignitose non un grande centro di accoglienza di migranti, è la posizione del sindaco e della sua giunta che in queste ore ha incassato l'appoggio del parlamentare nazionale del Movimento 5 stelle, Francesco D'Uva che dice si agli sprar, no all'hotspot ma deve scontrarsi con una parte della sinistra e con suoi ex alleati secondo i quali la giunta sapeva perfettamente della volontà del governo nazionale di realizzare  il centro di accoglienza nella ex caserma Gasparro a Bisconte.  Ma la posizione della stragrnade maggioranza dei messinesi, che in queste ore stanno organizzando sui social una manifestazione di protesta,  ha motivazioni un po' diverse. Il centro di accoglienza porterebbe in città qualcosa come 2800 migranti che verrebbero letteralmente reclusi nella ex caserma Gasparro nel cuore di Bisconte un quartiere già alle prese con tanti problemi, con emergenze sociali e di criminalità e che difficilmente potrebbe sopportare un carico così grande di persone che, secondo alcuni, potrebbe rappresentare un gentile omaggio alla criminalità organizzata. E non si può tacere la preoccupazione di quanti temono di ritrovarsi le strade del quartiere e  del confinante villaggio di Camaro, pullulare di persone alla ricerca di mezzi di sostentamento. Tradotto in parole povere in un aumento di episodi di microcriminalità che aggraverebbero ulteriormente la condizione di quartieri già a rischio ma anche l'intera economia cittadina.

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