“Annulla la condanna limitatamente al reato di cui all’art. 416 bis e dispone sul punto il rinvio dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria, eventualmente anche per il trattamento sanzionatorio”. Alle nove di ieri sera la Cassazione ha deciso che per capire se l’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi è stato un mafioso dagli anni ’70 fino al 2000 ci vorrà ancora un altro processo.
È una sentenza complessa quella esitata, dopo una lunga camera di consiglio, per il troncone dell’operazione antimafia “Gotha 3” che riguardava oltre a Cattafi anche il boss per lungo tempo al vertice della “famiglia” Giovanni Rao, e il “cassiere” di Cosa nostra barcellonese Giuseppe Isgrò. Per loro due, con il rigetto dei ricorsi difensivi, le condanne d’appello decise a Messina nel novembre del 2015 diventano definitive: 5 anni e 8 mesi per Rao, 7 anni e 6 mesi per Isgrò.
Ma torniamo a Cattafi. I giudici della V sezione penale hanno intanto dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale. E questo significa che cade definitivamente il ruolo di “capo” della mafia barcellonese che gli era stato attribuito dall’accusa. Poi hanno stabilito che bisogna rifare tutto in relazione alla condanna decisa dalla Corte d’appello di Messina per la sua appartenenza all’associazione mafiosa barcellonese solo fino al 2000, statuendo cioé che dopo quella data non c’erano elementi sufficienti a supporto dell’accusa. In appello, a Messina, la condanna era stata ridotta a 7 anni rispetto ai 12 inflitti in primo grado nel dicembre 2013. E i giudici di secondo grado avevano rapportato la condanna per la sua appartenenza a Cosa nostra barcellonese solo fino all’anno 2000, non oltre.
Altro passaggio della sentenza-Cattafi. La Cassazione con la sua decisione (“... limitatamente al reato di cui all’art. 416 bis...”), ha reso definitiva la “parte” di condanna che è stata comminata a Cattafi per l’altro capo d’imputazione contestato in “Gotha 3”, cioé la calunnia a danno dell’avvocato Fabio Repici e del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. Accanto alle accuse della prima ora s’era infatti aggiunta in corso d’opera una contestazione suppletiva, in relazione a un esposto presentato nel luglio 2011, a un verbale di sommarie informazioni rese ai Ros nell’ottobre 2011, e infine a un interrogatorio del luglio 2012; atti in cui accusò falsamente Repici di aver determinato la collaborazione di Bisognano, per indurre l’ex capo dei Mazzarroti a rilasciare dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti.
In Cassazione il boss Bisognano e Repici erano parte civile, rappresentati dall’avvocato Mariella Cicero, mentre l’avvocato Ugo Colonna rappresentava come parte civile il Comune di Mazzarrà S. Andrea. Nella difesa invece sono intervenuti gli avvocati Salvatore Silvestro e Giovambattista Freni (per Cattafi), Tommaso Autru Ryolo e Pinuccio Calabrò (per Rao), Giuseppe Lo Presti e Luisella Mancuso (per Isgrò).