Tutto spazzato via dalla prescrizione. Per una vicenda giudiziaria degli anni ’90 piena zeppa di veleni e intrecci, che dopo le denunce dell’avvocato Ugo Colonna sulla gestione dei pentiti a Messina interessò, all’epoca, tutta Italia.
Ovvero la gestione definita “allegra” del pentito messinese Luigi Sparacio, le sue coperture e i suoi rapporti con i boss Michelangelo Alfano e Santo Sfameni. In pratica i tre soggetti che per lungo tempo, negli anni ’90, costituirono il “governo mafioso” di Messina e della sua provincia.
E dopo tutto questo tempo, c’è ancora da registrare una sentenza. In questo caso si tratta del recente pronunciamento della seconda sezione penale della Corte d’appello di Catania, che con un provvedimento molto complesso ha forse posto la parola fine - ma non è così scontato, si può tornare ancora in Cassazione -, su una interminabile vicenda.
I giudici d’appello hanno deciso su un rinvio della Cassazione che risaliva al 2014, sulle posizioni processuali degli ex magistrati messinesi Giovanni Lembo e Marcello Mondello e sull’allora maresciallo dei carabinieri Antonio Princi. E bisogna specificare che, visto l’annullamento disposto dalla Cassazione nel 2014, la sentenza di riferimento era quella del primo grado di giudizio, decisa a Catania il 10 gennaio del 2008.
In ogni caso è un provvedimento molto complesso quello esitato dai giudici, che concretamente non lascia in piedi nulla dell’intero processo. In prima battuta i giudici etnei hanno dichiarato inammissibili gli appelli presentati dalla Procura e dalla Procura generale etnee, questo «... per intervenuta rinunzia ai motivi in relazione al capo C) contestato a Princi Antonio (si tratta del presunto falso in relazione alle verbalizzazioni dei pentiti sul boss Alfano, n.d.r.) e al capo G) contestato a Lembo Giovanni (si tratta di una presunta minaccia a un carabiniere, n.d.r.)».
I giudici hanno poi dichiarato prescritto il capo A) contestato all’ex magistrato Lembo (dopo la riqualificazione della sentenza di primo grado si trattava non più di concorso esterno all’associazione mafiosa Sparacio-Alfano-Sfameni ma di favoreggiamento con aggravante mafiosa ex art. 7, n.d.r.), e hanno comunque escluso l’aggravante mafiosa ex art. 7 della legge 203/91. Quindi secondo i giudici d’appello - bisognerà comunque attendere le motivazioni per capire fino in fondo - il favoreggiamento che avrebbe commesso il dott. Lembo non sarebbe stato commesso verso esponenti mafiosi.
Prescrizione è stata decretata anche per altri due capi d’imputazione (A e B, un caso di minacce e un abuso d’ufficio) a carico di Princi. Nel caso dell’ex magistrato ed ex Gip Mondello, i giudici hanno dichiarato prescritto il concorso esterno all’associazione mafiosa Sparacio-Alfano-Sfameni, specificando però in sentenza che è «... ritenuta provata la condotta commessa sino al 18 ottobre 1991».
Ci sono poi una serie di revoche e decisioni in relazione alle statuizioni civili: revoca della condanna a Lembo di rifondere le spese processuali; revoca della condanna a Princi a rifondere le spese processuali alle parti civili Vincenzo Paratore e Ugo Colonna; condanna della parte civile Colonna al pagamento delle spese processuali (aveva proposto ricorso in Cassazione); condanna dell’imputato Mondello al pagamento delle spese del giudizio d’appello e di Cassazione a favore dello Stato.
Un ultimo passaggio riguarda la dicitura «conferma nel resto la gravata sentenza», che dovrebbe riguardare quindi la conferme delle assoluzioni decise proprio in primo grado.
Il precedente processo / La Cassazione annullò tutto nel 2014
La Cassazione, il 21 ottobre del 2014 annullò la sentenza di assoluzione dell’ex giudice Giovanni Lembo, emessa nel 2012, rinviando gli atti alla Corte d’appello di Catania. Il magistrato era accusato di aver pilotato le dichiarazioni del boss pentito Luigi Sparacio, di Messina, così da tener fuori dalle dichiarazioni il boss Michelangelo Alfano. Lembo all’epoca dei fatti era nella Procura nazionale antimafia. Furono annullate anche le sentenze per il maresciallo Antonino Princi (che nel primo giudizio d’appello era stato assolto) e per l’ex Gip Marcello Mondello (che aveva subito in primo e secondo grado la condanna a 7 anni), anche queste con rinvio in appello. In primo grado, nel 2008, Lembo era stato condannato a 5 anni per favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. In secondo grado i giudici avevano deciso per l’aggravante semplice, prescrivendo le accuse principali. La competenza del procedimento fu radicata a Catania dal momento che coinvolgeva magistrati della città dello Stretto e di Reggio Calabria. La posizione di un magistrato reggino indagato inizialmente fu poi archiviata in quanto risultato completamente estraneo alla vicenda.