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Pd e Forza Italia, il giorno dopo

Pd e Forza Italia, il giorno dopo

“Alle 14 è finita la storia di Accorinti sindaco”, scriveva ieri Giuseppe Trischitta sul suo profilo fb, poche ore prima che iniziasse la lunga maratona in consiglio comunale e dopo qualche minuto che si era conclusa l'ennesima riunione di Forza Italia, gruppo genovesiani, da cui si diceva fosse emerso che il partito avrebbe votato a favore della sfiducia. Un boccone avvelenato da dare in pasto al Pd e ad altri avversari del centrosinistra per stanarli e per confondere le idee. Ma, fra le vittime di questo strategia, lo stesso capogruppo di Forza Italia, costretto stamattina a rivendicare la primogenitura all'interno del partito di Berlusconi e a prendere le distanze da coloro che invece, ultimi arrivati, in netta contrapposizione con lui, hanno mantenuto in sella Renato Accorinti. Allo stesso sindaco, Trischitta suggerisce di dimettersi o di ammettere di essere stato salvato anche grazie ai voti dell'area facente riferimento al deputato nazionale condannato a 11 anni nell'ambito dell'inchiesta Corsi d'Oro. Di lasciare la carica Trischitta non vuol sentirne parlare. Il dna del gruppo ha subito variazioni certamente indipendenti dalla sua volontà e per quanto gli riguarda è rimasto fedele a se stesso. Ma se Atene piange Sparta non ride. Ad uscire con le ossa rotte, dall'arena della notte scorsa, anche il partito democratico, che, nonostante la coerenza della capogruppo Antonella Russo, in linea con le indicazioni del commissario Ernesto Carbone a favore della decadenza di Accorinti, ha mostrato tutti i nervi scoperti. Certamente giocano contro i democratici le crisi intestine sia locali (senza segretari, cittadino e provinciale, dal 2013), sia nazionali con il rischio scissione. Antonella Russo è quindi rimasta isolata nella propria coerenza e non le resta, come infatti ha deciso, che prendersi una pausa di riflessione per capire come proseguire un percorso politico in quel gruppo ormai privo di unità e che certamente non sarà più come prima. Ma in questa riflessione un valore positivo lo assume il plauso dello stesso Carbone arrivato pochi minuti dopo il suo intervento in aula. Il commissario del Pd, contattato telefonicamente, ha confermato che la capogruppo ha rappresentato fedelmente le indicazioni del partito, ma anche la propria coerenza di consigliera nelle file dell'opposizione. Per Carbone, quindi, non sono contemplabili le dimissioni di Antonella Russo, mentre, per quanto riguarda il voto da lui non condiviso degli altri componenti del gruppo, commenta: “sono stati liberi di scegliere, ma adesso dovranno renderne conto direttamente ai loro elettori, i quali certamente vorranno capire come mai hanno voluto mantenere in carica un sindaco inadatto e che il Pd non ha mai sostenuto.” Dal punto di vista politico, ad uscire più rafforzati di prima, mostrandosi in perfetta salute, i promotori della mozione: centristi ed Ncd, ma anche chi il documento non l'ha voluto firmare, e lo ha sposato soltanto in corsa, cioè il Pdr Sicilia Futura. Tutti saldi nel confermare le argomentazioni a supporto della sfiducia, senza alcun timore di essere presi a fischi e pernacchie (com'è accaduto) dalla folla assiepata nella tribunetta. Vince ancora il sindaco scalzo che “a mani nude” dice “di aver battuto nel 2013 una corazzata”. Dimostrando ieri sera di averne ancora la forza. Perde la politica quella vera, latitante dall'aula consiliare di palazzo Zanca, sostituita da una pessima controfigura fatta di giochetti e interessi personali. “Molto rumore per nulla”, era il titolo di un'opera di William Shakespeare, ambientata proprio a Messina.
Chissà come l'avrebbe riscritta, se si fosse svegliato stamattina in riva allo Stretto.

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