Messina
«Rimasi stupito, e (omissis) mi spiegò che era il medico che aveva curato “Binnu”, e cioè Bernardo Provenzano, che all’epoca si diceva fosse nascosto nel barcellonese. (omissis) specificò che era il medico che aveva curato Provenzano, e che perciò il medico “se lo erano portato” fino in Francia».
La nuova verità raccontata dal pentito messinese Giuseppe Campo sulla vicenda di Attilio Manca, il giovane urologo barcellonese trovato morto a Viterbo il 12 febbraio del 2004 in circostanze ancora poco chiare a distanza di tanti anni, potrebbe portare un contributo fondamentale e decisivo all’intera vicenda.
E questo è un altro tassello che si aggiunge al puzzle nero dopo le dirompenti dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, il boss barcellonese Carmelo D’Amico. Nel gennaio del 2016 in alcuni verbali resi davanti alla Dda di Messina, D’Amico ha dichiarato che sarebbe stato «u calabrisi» a uccidere l’urologo, e «u calabrisi» era «un ufficiale dei Servizi», uno che «era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi». Perché? Il dott. Manca - ha affermato D’Amico -, aveva curato in gran segreto Bernardo Provenzano con la “mediazione” dell’avvocato barcellonese Saro Cattafi.
La notizia di queste clamorose dichiarazioni rilasciate da Campo, l’ha diffusa uno dei legali della famiglia Manca, l’ex pm Antonio Ingroia, che assiste i suoi genitori e il fratello insieme al collega Fabio Repici. Lo ha fatto durante la manifestazione svoltasi a Barcellona Pozzo di Gotto, come ogni anno, il 12 febbraio, per ricordare il medico.
Ricostruiamo tutto. Il pentito Campo nei mesi scorsi, a settembre del 2016, aveva scritto ai magistrati della Dda di Messina e all’ex pm Ingroia, dicendo di avere delle cose da raccontare proprio sul caso Manca. Sia i magistrati della Dda Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, sia l’avvocato Ingroia, hanno quindi verbalizzato ognuno per le proprie competenze le dichiarazioni di Campo. E in entrambi i casi queste nuove dichiarazioni sono state trasmesse, la Dda lo ha ovviamente fatto per via istituzionale ai colleghi, Ingroia sul piano delle indagini difensive svolte, alla Procura di Roma, dove da tempo è stato aperto un fascicolo sulla vicenda Manca, gestito dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, su denuncia dei familiari.
Le affermazioni di Campo nel verbale reso all’ex pm Ingroia sono una vera e propria “bomba”. Il collaboratore afferma in pratica di essere stato incaricato nel 2003 di uccidere Manca da alcuni personaggi della criminalità mafiosa barcellonese, ma di essere stato poi “sciolto” dal patto perché il medico, nel frattempo, era già stato ucciso: «A fine febbraio-primi di marzo 2004, (omissis) mi disse che il medico era già stato ucciso, e perciò non era più necessario il mio aiuto. Mi raccontò che il medico era stato ucciso a casa sua a Viterbo, e che dell’omicidio si erano occupati il cugino Ugo Manca, Carmelo De Pasquale, ed una terza persona di cui non ricordo il nome, aggiungendo che lo avevano eseguito “senza fare rumore”».
Ecco invece un altro passaggio del racconto su come gli venne fatta la “richiesta di uccidere”: «Andai a Barcellona Pozzo di Gotto, a casa del Beneduce Umberto, e poi andammo in un bar nelle vicinanze, ci sedemmo in un tavolo all’aperto assieme ad (omissis), e qui Beneduce mi propose di commettere un omicidio. Avrei dovuto uccidere un personaggio che non era della malavita e perciò Beneduce mi tranquillizzò dicendomi che non ci poteva essere “reazione” a quell’omicidio da ambienti criminali. Mi disse che era un medico, e se mi sentivo di fargli quel favore, sarei diventato “uno di loro”».
Infine un ultimo passaggio: le spiegazioni sul perché dell’omicidio furono molto scarne: «... quel personaggio da uccidere poteva “dare fastidio a livello processuale”. Non chiesi altro, e feci capire di accettare la proposta. Beneduce mi disse che mi avrebbe fornito arma e mezzo (una moto). (omissis), che era presente, seppur non richiesto in quella sede di commettere il fatto, si offrì di guidare la moto, e si dimostrò ben disposto a collaborare. Ci saremmo dovuti vedere dopo circa una settimana, una domenica. Preciso che eravamo a dicembre 2003. Mi avrebbero dato la foto ed i dettagli per individuare la vittima».
Ma poi, le cose, andarono diversamente.
La vicenda
Il giovane e brillante urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio Manca, venne trovato morto in circostanze misteriose il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo. Inizialmente il caso fu archiviato come suicidio, ma la famiglia non accettò mai questa spiegazione. Maturò progressivamente la convinzione che la tragica scomparsa fosse collegata all’intervento alla prostata subito dal boss Bernardo Provenzano a Marsiglia nel 2003, nel quale potrebbe essere stato coinvolto Attilio. Era stato il primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata con il sist
Il giovane e brillante urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio Manca, venne trovato morto in circostanze misteriose il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo. Inizialmente il caso fu archiviato come suicidio, ma la famiglia non accettò mai questa spiegazione. Maturò progressivamente la convinzione che la tragica scomparsa fosse collegata all’intervento alla prostata subito dal boss Bernardo Provenzano a Marsiglia nel 2003, nel quale potrebbe essere stato coinvolto Attilio. Era stato il primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata con il sistema laparosopico.
Il verbale integrale della dichiarazioni del pentito
VERBALE DI ACQUISIZIONI DI INFORMAZIONE EX ART. 391-BIS, COMMA 7, C.P.P.
FORNITE DA PERSONA IN GRADO DI RIFERIRE CIRCOSTANZE UTILI AI FINI DELL’ATTIVITÀ INVESTIGATIVA
rese dal Sig. CAMPO GIUSEPPE, nato a Messina il 16/02/1964, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Ivrea.
* * *
L’anno 2016, il giorno 8 del mese di Novembre, alle ore 14:20, presso la Casa Circondariale (omissis), innanzi al sottoscritto Avv. Antonio Ingroia, del Foro di Roma, difensore di fiducia della Sig.ra Angela Gentile giusta procura rilasciata in data 8/04/2015, ed alla presenza del proprio collaboratore Avv. Eolo Alessandro Magni, del Foro di Milano, è comparso il Sig. CAMPO GIUSEPPE, nato a Messina il 16/02/1964, attualmente detenuto presso questa Casa Circondariale di (omissis), identificato a mezzo degli Agenti di Custodia.
Il Sig. GIUSEPPE CAMPO viene reso edotto che lo scopo del presente colloquio è quello di ricercare elementi di prova a favore della mia assistita, persona offesa dal reato, in relazione alla morte del figlio Dott. Attilio MANCA, avvenuta a Viterbo nella notte fra i giorni 11 e 12 febbraio 2004, con particolare riferimento alla missiva che lo stesso Sig. GIUSEPPE CAMPO ha inviato al mio Studio in data , ed assumendo informazioni da documentare mediante verbalizzazione ex art. 391-ter c.p.p.
Al Sig. GIUSEPPE CAMPO vengono rivolti anche gli avvisi ex art. 327-bis e 391-bis, co. 3, c.p.p. e cioè che ha l'obbligo di dichiarare se è sottoposto ad indagini o se è imputato nel procedimento per cui si svolgono le presenti investigazioni difensive o in un procedimento connesso o per un reato collegato; che può avvalersi della facoltà di non rispondere oppure di non rendere la dichiarazione, avvertendolo però che in caso di mancata risposta potrà essere disposta l’audizione da parte del PM o l’esame da parte del Giudice nelle forme dell’incidente probatorio e che comunque potrà essere citato in giudizio in qualità di testimone; che nel caso in cui fosse sentito dal Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria, deve astenersi dal rivelare le domande eventualmente formulate nel colloquio odierno.
Il Sig. Giuseppe CAMPO Viene altresì informato del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla Polizia Giudiziaria e/o dal PM e delle risposte date, nonché delle conseguenze penali in caso di false dichiarazioni.
La verbalizzazione avviene in maniera integrale, con l’ausilio di mezzi informatici e di fonoregistrazione.
Il Sig. Giuseppe CAMPO, premessi tutti gli avvertimenti e le informazioni di cui sopra, dichiara di voler rendere le dichiarazioni che seguono:
AVV. INGROIA: sintetizzi la sua “storia criminale”.
CAMPO: sono detenuto definitivo per reati precedenti la mia collaborazione, ed in particolare estorsioni, rapine, stupefacenti, 416-bis, commessi tra Messina, Spadafora, Milazzo, Barcellona; inizialmente operavo nel quartiere Giostra di Messina, poi dal 2001 mi sono spostato sulla zona tirrennica; avevo una serigrafia; da lì mi sono ricollegato con alcuni personaggi criminali di Barcellona Pozzo di Gotto, circa dal 2001 al 2004;
AVV. INGROIA: chi erano i criminali barcellonesi a lei più vicini?
CAMPO: SCORDINO Tindaro, i fratelli Umberto e Fabio BENEDUCE, Vito FOTI, Carmelo DE PASQUALE, e altri; avevo con loro rapporti di amicizia e fungevo da collegamento tra i personaggi di Messina come Giuseppe GATTO e Placido BONNA.
AVV. INGROIA: era organico a qualche gruppo mafioso organizzato?
CAMPO: inizialmente no perché non mi interessava; poi man mano succedeva che ero ritenuto “affidabile”, un “bravo ragazzo” che non si tirava indietro e manteneva la parola, e quindi da lì, senza nemmeno accorgermi, prendevo quota; la mia parola era considerata ed aveva “peso”.
AVV. INGROIA: a quanto ammonta la sua pena definitiva?
CAMPO: mi sono anche autoaccusato di reati per i quali non ero neppure sospettato; in tutto ho accumulato circa 22 anni in 4 processi, da collaboratore; fino ad ora ho scontato (tra carcerazione, indulto, presofferto ) circa 11 anni; mancano circa altri 10 anni, ma ho fatto richiesta di cumulo.
AVV. INGROIA: quando ha iniziato a collaborare?
CAMPO: il 31 marzo 2004 quando mi presentai ai Carabinieri di Messina. Ho deciso di collaborare perché dapprima ero convinto di fare bene, e gli amici mi chiedevano aiuto; poi però mi sono reso conto che non erano amici ma approfittatori; non mi rendevo conto che stavo allontanando da me i miei affetti familiari; poi mi sono “svegliato”, quando dovevo fare il “salto di qualità” a convenienza di altri e non mia, ed ho ripreso coscienza delle cose. Ho riflettuto e pensavo che stavo facendo danni a me stesso ed ai miei figli, uno di 12 e l’altro di 8 anni all’epoca, che sarebbero diventati “mangime” per la criminalità; ho deciso di togliermi tutti i pesi sulla mia coscienza, e non ho mai ucciso né sparato a nessuno; andavo avanti con l’intelligenza e non con la violenza;
AVV. INGROIA: mi spieghi la lettera sul caso MANCA che mi ha inviato nello scorso mese di settembre 2016.
CAMPO: a un certo punto sono stato chiamato da (omissis), barcellonese vicino a me, che mi chiese se ero disponibile ad incontrare BENEDUCE Umberto, personaggio della criminalità del barcellonese, che voleva parlarmi. Con BENEDUCE Umberto avevo già avuto rapporti illeciti, come anche col fratello Fabio BENEDUCE. Accettai questa richiesta di BNEDUCE per il tramite di (omissis). Andai a Barcellona Pozzo di Gotto, a casa del BENEDUCE Umberto, e poi andammo in un bar nelle vicinanze, ci sdemmo in un tavolo all’aperto assieme ad (omissis), e qui BENEDUCE mi propose di commettere un omicidio. Avrei dovuto uccidere un personaggio che non era della malavita e perciò BENEDUCE mi tranquillizzò dicendomi che non ci poteva essere “reazione” a quell’omicidio da ambienti criminali. Mi disse che era un medico, e se mi sentivo di fargli quel favore, sarei diventato “uno di loro”. In verità, lì per lì, ragionai molto e mi ponevo fra me e me molte domande: perché a Barcellona, pur avendo molti killer a disposizione, BENEDUCE chiedeva proprio a me, che non avevo mai ucciso nessuno? Nel frattempo, acconsentivo apparentemente, ma pensavo che non eravamo in quella confidenza tale per chiedere a me di commettere un omicidio per lui; non poteva conoscermi così bene da affidarmi una cosa del genere; pensai mi stessero mettendo alla prova; e però mai ho pensato di aderire ed accettare quel progetto;
AVV. INGROIA: le disse dove e come fare quell’omicidio?
CAMPO: no, disse solo che quel personaggio da uccidere poteva “dare fastidio a livello processuale”. Non chiesi altro, e feci capire di accettare la proposta. BENEDUCE mi disse che mi avrebbe fornito arma e mezzo (una moto). (omissis), che era presente, seppur non richiesto in quella sede di commettere il fatto, si offrì di guidare la moto, e si dimostrò ben disposto a collaborare. Ci saremmo dovuti vedere dopo circa una settimana, una domenica. Preciso che eravamo a dicembre 2003. Mi avrebbero dato la foto ed i dettagli per individuare la vittima. Prima di andare al nuovo appuntamento, mi incontrai con (omissis), a quell’epoca mio compare e molto amico, e gli confidai ciò che stava avvenendo. (omissis) mi consigliò di non accettare, perché secondo lui si trattava di una “trappola”, vista la irritualità di quella richiesta rivolta a me. Probabilmente stavo già dando fastidio nella gerarchia criminale. A quel nuovo incontro con BENEDUCE, questi mi disse che per ora il “lavoro” era sospeso; e aggiunse– avanti al fratello Fabio BENEDUCE – che si doveva attendere. Mi avrebbero ricontattato più in là. Di quel fatto non parlai più con nessuno. Tuttavia (omissis) talvolta mi chiedeva se Umberto BENEDUCE si fosse rifatto sentire. A fine febbraio – primi di marzo 2004, (omissis) mi disse che il medico era già stato ucciso, e perciò non era più necessario il mio aiuto. Mi racconto che il medico era stato ucciso a casa sua a Viterbo, e che dell’omicidio si erano occupati il cugino Ugo MANCA, Carmelo DE PASQUALE, ed una terza persona di cui non ricordo il nome, aggiungendo che lo avevano eseguito “senza fare rumore”. Rimasi stupito, e (omissis) mi spiegò che era il medico che aveva curato “BINNU”, e cioè Bernardo PROVENZANO, che all’epoca si diceva fosse nascosto nel barcellonese. (omissis) specificò che era il medico che aveva curato PROVENZANO, e che perciò il medico “se lo erano portato” fino in Francia.
AVV. INGROIA: allora perché non dormiva più la notte? Cosa le fece prendere coscienza?
CAMPO: il fatto che avrei dovuto uccidere io Attilio MANCA e che parole avevo accettato l’incarico; ormai ero uno di quelli che prima o poi avrebbe dovuto fare quel “salto di qualità” ed assunzione di responsabilità.
AVV. INGROIA: questa cosa fu un campanello di allarme che era ora di fermarsi finché non era troppo tardi?
CAMPO: esatto, ed il 31 marzo 2004 iniziai a collaborare;
AVV. INGROIA: di recente è stato sentito su questi fatti dalla Magistratura?
CAMPO: sì; ogni tanto, vedendo le trasmissioni ad esempio su Rai 3, pensavo quella situazione e però non volevo tornare su quel che feci all’epoca; dal mio punto di vista potrei considerarmi una vittima io stesso; se no avessi collaborato, avrei potuto finire in galera, ammazzato oppure ancora pieno di soldi; in ogni caso ci avrei guadagnato rispetto alla condizione di collaboratore; a Trieste avevo un bar come collaboratore, mi ero ben reinserito nella società; ho sempre lavorato; nel 2013 mi hanno arrestato per le cose che ho confessato io e mi hanno condannato a circa 20 anni; in fondo distanza di 10 anni e più, possibile che non si arrivi alla verità su MANCA? Allora decisi di scrivere a lei ed ai magistrati
AVV. INGROIA: si chiude la registrazione alle 15:28.
Avv. Antonio Ingroia
Giuseppe Campo
Avv. Eolo A. Magni
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