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Bancarotta, 15 rischiano il giudizio

Bancarotta, 15 rischiano il giudizio

Per la prima volta, dopo 36 anni di attività, per gli ex amministratori e revisori di bilancio della cooperativa “Libertà e lavoro”, che ha gestito fino al 2005 il servizio di igiene ambientale in città, già posta in liquidazione coatta, si apre una fase giudiziaria penale e civile per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta per la distrazione di somme della società. Il 22 febbraio, davanti al gup Fabio Gugliotta, si aprirà infatti l’udienza preliminare preliminare in cui dovranno comparire 15 imputati di bancarotta, tra ex amministratori, liquidatori e revisori dei conti della cooperativa che dal 1979 ha gestito fino al 2005 in regime di monopolio, senza mai partecipare ad una gara d’appalto pubblico, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

A chiedere il rinvio a giudizio per i 15 imputati “superstiti” di una inchiesta che giaceva negli uffici giudiziari, è stato il procuratore Emanuele Crescenti. Davanti al gup dovranno comparire l’ultimo presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa “Libertà e lavoro”, Antonino Siracusa, 69 anni; ed i componenti dello stesso Cda, Carmelo Maio, 66 anni; Carmelo Raimondo, 66; Domenico Fugazzotto, 74; Domenico Manuri, 68; Paolo Salvatore Piccolo 64, tutti di Barcellona, e Carmelo Frontino, 80 anni di Ficarra.

Richiesta di rinvio a giudizio anche per i componenti del collegio dei revisori tra cui spiccano nomi eccellenti, come quello del commercialista Stefano Piccolo, 65 anni, assieme ai suoi colleghi Mariano Sottile, 59 anni; Carmelo Spinella, 57; Rosario De Pasquale, 60; Mario Giuseppe Fazio, 65; Rodolfo Fiumara, 58 (ex presidente dell'Ipab Nicolaci Bonomo quale membro segnalato dalla Curia di Messina), Giovanni Alesci, 56 anni; e, l’unico a non essere commercialista, Salvatore Siracusa, 39 anni, figlio del presidente del Cda.

Gli ex componenti del consiglio di amministrazione devono rispondere in concorso di bancarotta fraudolenta (art. 223 del codice penale in relazione all'art. 216 della legge fallimentare), perché tra loro, agendo nelle qualità di amministratori delle cooperativa “Libertà e lavoro” dichiarata insolvente con sentenza emessa il 16 giugno 2007 dal Tribunale di Barcellona, distraevano o occultavano dal patrimonio della società fallita i seguenti importi: esponevano o riconoscevano passività inesistenti. In particolare, tra le passività del bilancio chiuso al 31 dicembre 2016 imputavano 49.142 euro sotto la posta “rettifiche per differenze precedenti consulenze”, privi di riscontro documentale; esponevano o riconoscevano passività inesistenti, imputando a partire dal 2006 a titolo di compensi nei confronti dei revisori, amministratori e liquidatori, la somma di 52.782 euro, in assenza di delibere o previsioni statutarie.

Le accuse mosse agli otto componenti del collegio dei revisori di bilancio della cooperativa sono riferite sempre al reato di bancarotta fraudolenta e violazione della begge fallimentare, perché «in concorso fra loro e con gli amministratori ed i liquidatori non attivavano i loro poteri-doveri di vigilanza e segnalazione, causando un danno alla cooperativa ed ai creditori sociali consistito nella diminuzione del valore del patrimonio della società».

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