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Veterinaria, definitive le pene per Tomasello e Macrì

Veterinaria, definitive le pene per Tomasello e Macrì

Sei condanne del processo sul tentativo di “pilotare” un concorso alla facoltà di Veterinaria di Messina nel 2006, e sulla gestione dei fondi Lipin in ateneo, dopo il passaggio in Cassazione definito ieri diventano definitive. Ma a quanto pare rimarrebbe il “giallo” sul quantum di alcune pene.

In ogni caso erano sei le posizioni trattate ieri per l’ex rettore dell’ateneo peloritano Franco Tomasello, per l’ex preside della facoltà di Veterinaria Battesimo Macrì, e poi per Stefano Augliera, Giuseppe Piedimonte, Antonio Pugliese, Eugenio Capodicasa e Ivana Saccà.

I giudici della VI sezione penale della Cassazione hanno rigettato i ricorsi di Augliera, Piedimonte, Capodicasa e Saccà, hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Tomasello e Macrì, e infine hanno dichiarato la prescrizione dei reati per Pugliese.

Il Procuratore generale aveva argomentato per il rigetto dei ricorsi, facendo un distinguo sulle pene irrogate a carico di Tomasello e Macrì in appello, rispetto alla sentenza di primo grado, considerate “errate”. Le difese hanno preannunciato un ricorso straordinario proprio per la quantificazione corretta della pena finale divenuta, da ieri, definitiva. La sentenza d’appello aveva stabilito la condanna a 2 anni e 6 mesi per Tomasello, a 3 anni per Macrì. Per Pugliese i giudici avevano deciso la condanna a 2 anni e 2 mesi, per Piedimonte la condanna a 4 anni, per Augliera la condanna a 2 anni e 7 mesi, per Capodicasa e Saccà a 2 anni.

In Cassazione sono stati impegnati gli avvocati Bonni Candido, Nino Favazzo, Alberto Gullino, Carmelo Scillia, Tommaso Autru Ryolo e Giuseppe Grasso.

In primo grado, nel febbraio 2013, furono dodici le condanne. L’ex rettore Franco Tomasello fu condannato a 3 anni e 6 mesi; 5 anni e 4 mesi furono invece inflitti all’ex preside di Veterinaria e pro rettore dell’epoca Battesimo Macrì, per gli stessi capi d’imputazione contestati al rettore e in più per un’ipotesi di falso del pubblico ufficiale. E poi furono inflitti: 2 anni a Salvatore Giannetto; 4 anni a Antonio Pugliese; un anno e 8 mesi a Pietro Paolo Niutta e Giovanni Germanà; 5 anni e 11 mesi a Giuseppe Piedimonte; un anno e 6 mesi a Santo Cristarella; un anno e 4 mesi a Antonina Zanghì; 3 anni e 9 mesi a Stefano Augliera; 2 anni a Eugenio Capodicasa e Ivana Saccà.

Il processo era diviso in due tronconi: da un lato le rivelazioni fatte nel febbraio del 2006 dal prof. Giuseppe Cucinotta, ordinario di Clinica chirurgica e patologia chirurgica a Veterinaria, che denunciò di aver subito forti pressioni per “indirizzare” l’esito di un concorso bandito dalla facoltà a favore del figlio del pro rettore e preside dell’epoca, il prof. Battesimo Macrì. Un’altra parte riguardava invece la gestione di finanziamenti erogati dalla Regione Siciliana e dall’Università destinati al progetto scientifico “Lipin” e costato oltre 3 milioni di euro. Le contestazioni accusatorie andavano dalla tentata concussione all’abuso d’ufficio, dal falso del pubblico ufficiale alla tentata truffa, al peculato. 

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