Lo hanno giustiziato con un solo colpo di pistola alla testa. Un’esecuzione in piena regola in una landa desolata di Savoca, sulle montagne della zona ionica del Messinese, dove lo hanno portato apposta. Un solo colpo di pistola, probabilmente di piccolo calibro, sparato alla nuca, mentre era inginocchiato.
È morto così il vigile del fuoco 55enne originario di Roccalumera Roberto Scipilliti, ammazzato da professionisti forse arrivati dal Catanese, per eseguire una sentenza di morte decisa a tavolino. Ma per cosa? È ancora costellato di molti dubbi l’omicidio del vigile del fuoco che sulle prime era stato classificato come una “semplice” scomparsa ma che con il passare dei giorni ha assunto i contorni precisi di un’esecuzione. Dopo l’autopsia di ieri, eseguita all’obitorio del Policlinico di Messina dal medico legale Elvira Ventura Spagnolo, la morte di quest’uomo evidentemente con una vita oscura perfino ai suoi familiari, può essere delineata già con una dinamica ben precisa.
Sotto le sue scarpe non c’erano evidenti tracce di terriccio, quindi non ha camminato molto in quelle zone impervie dove è stato ritrovato dai suoi stessi colleghi vigili del fuoco, sabato scorso, su un crinale pieno di sterpi della Provinciale agricola Savoca-Scopelliti-Rina. Lo hanno portato lì per ucciderlo. Con un’altra auto. Era quella dei killer. Dalla traiettoria dell’unico proiettile che gli hanno sparato - foro d’entrata dalla nuca e d’uscita dalla gola - è molto plausibile che fosse inginocchiato quando il killer ha fatto fuoco, alle sue spalle, forse dopo averlo “interrogato” o aver recitato il perché della “sentenza”. L’uomo conosceva chi ha sparato? Gli ha dato appuntamento ed è andato dritto verso la morte senza sospettare nulla? Doveva essere soltanto un chiarimento?
Ma perché Roberto Scipilliti, 55 anni, un passato di piccole truffe e sostituzioni di persona, una lunga carriera nei vigili del fuoco frammista a qualche sospensione proprio per i suoi guai passati e recenti, è stato giustiziato come fosse un criminale d’alto rango da eliminare in maniera plateale? Quale nervo criminale scoperto, o interesse economico, ha toccato, magari di qualche organizzazione mafiosa etnea che s’interessa di pascoli e terreni? Sono gli interrogativi su cui in queste ore si stanno scervellando i carabinieri della Compagnia Messina Sud, che stanno lavorando insieme ai colleghi della stazione di Roccalumera. Il fascicolo, ora classificato come omicidio, è da giorni sul tavolo del sostituto procuratore di Messina Antonella Fradà. Ed è tra quelle carte che adesso confluiranno tutti gli altri atti investigativi dei militari. A cominciare dalla ricostruzione dei suoi ultimi giorni di vita, dei suoi spostamenti, dei suoi contatti, delle sue telefonate. La rete segreta di un uomo che aveva evidentemente un passato e un presente da nascondere. La storia processuale che lo riguarda ci dice che l’ultimo riferimento conosciuto è un’inchiesta sulle truffe all’Ue e all’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, tra il 2010 e il 2011, in questo caso circa 150mila euro complessivi. Quindi terreni con prestanome fittizi e contributi “fantasma”, ovvero quella ragnatela di potere mafioso che da anni viene ingrassata da affari molto loschi e di recente è stata denunciata dal presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, con la sua rivoluzione di legalità che ha dato una boccata pura d’ossigeno ai coltivatori e agli allevatori onesti. Forse è nelle zone d’ombra ancora esistenti in questi affari sporchi, che bisogna cercare per comprendere mandanti, movente ed esecutori dell’omicidio Scipilliti.