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Le gelate, l’aumento dei prezzi Il gennaio nero di frutta e verdura

Le gelate, l’aumento dei prezzi Il gennaio nero di frutta e verdura

La motivazione ufficiale è l’ondata straordinaria di neve e gelo che, dall’Epifania, sta continuando a flagellare la Sicilia e la maggior parte delle regioni italiane lasciando, dietro di sé, quintali di raccolti appassiti. Ma i vari passaggi che si celano dietro l’arrivo in tavola di frutta e verdura, più o meno di stagione, nasconde, invece, una realtà ben più variegata. I primi a prendere le distanze dall’aumento fino al 130% in più del prezzo dei prodotti sono stati i Codacons. Come sottolinea l’avv. Antonio Cardile, presidente provinciale della sezione di Messina: «Due sono i problemi dei prodotti ortofrutticoli: ciò che avviene nel passaggio dal produttore all’ingrosso e la trasparenza e tracciabilità dei prodotti. Sicilia, Campania e Puglia sono certamente le regioni più colpite dalla speculazione che avviene su più livelli rendendo difficile attribuire le responsabilità del caroprezzi». In fila, ad aspettare alle 3,30 l’apertura del grande mercato all’ingrosso della città, a Contesse, sono, infatti, in pochi. Giusy Aloiso, fra questi, spiega: «In inverno già è difficile che si venga tutti i giorni a fare rifornimento, ma quest’anno io riesco a venire ogni 2/3 giorni e nemmeno a comprare granché. Con questi prezzi non riuscirei a vendere niente». Lo scandalo della mattinata, infatti, era il prezzo di zucchine, lattughe e prezzemolo che, rispettivamente al kg, erano vendute a 4,20, 2 e 4,5 euro. Salvatore Cutugno, produttore di Barcellona Pozzo di Gotto, che con la sua famiglia conduce una piccola azienda, racconta: «Bastano pochi gradi in meno per rendere inutile anche la semina delle serre. Noi, dopo la nevicata dei giorni scorsi, abbiamo perso tutto e vendiamo quello che avevamo raccolto prima. Il problema sarà soprattutto nelle prossime settimane perché ad andare distrutto è quello che avevamo seminato e che doveva dar frutti ora. Se tutto va bene solo fra aprile e maggio la situazione si risolleverà». Il risultato, dunque, è la diminuzione della qualità dei prodotti sul mercato, ma non della domanda. Quindi la conseguenza immediata è la risalita dei prezzi. Giacomo Amante, grossista da oltre 30 anni, denuncia: «Le grandi aziende agricole vendono i primi raccolti nei mercati esteri in cui si compra a qualsiasi prezzo. Il resto dei raccolti, di qualità inferiore, viene commerciato in Italia, prevalentemente al Sud. Qualche anno fa la maggior parte dei pomodori che si vedono oggi sarebbe andata buttata, mentre adesso siamo costretti ad accontentarci». Sono i produttori che, pur di raggiungere i guadagni sperati, nonostante i quantitativi ridotti, per soddisfare la domanda aumentano i prezzi, badando poco alla qualità. Le spese di trasporto, l’iva e il facchinaggio, gravano, infine, sui commercianti e, quindi, sul consumatore. Paradossale, poi, quanto riportato da Diego D’Antoni: «Ormai si preferisce importare dalla Spagna la maggior parte dei prodotti. Fermo restando che la zona di Vittoria e la Sicilia meridionale sono parecchio produttive, costa comunque meno acquistare dall’estero rispetto ai mercati della provincia di Messina dove spesso i prezzi sono proibitivi». A questo punto il consumatore ha tre possibilità: acquistare ai mercati Zaera, Vascone e Sant’Orsola, dove i commercianti, per riuscire a sbarcare il lunario e a pagare le tasse, sono costretti ad aumentare il prezzo della merce; dagli ambulanti, che, senza autorizzazione, abbassano il prezzo dei loro prodotti; o al supermercato, dove alcuni prezzi sono nettamente inferiori rispetto a quelli dei mercati, ma la provenienza, come si evince dalle etichette spesso curate con superficialità, resta talvolta dubbia.

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