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Ylenia, la ricostruzione del Gip

Ylenia, ecco la ricostruzione del Gip

A Bordonaro la vita spesso è scrostata come i muri sempre umidi di pioggia delle “Case gialle”, la spazzatura che trionfa davanti a quei mattoni forati, palazzoni dell’ammasso popolare anni ’70 che ancora sopravvivono. E questa storia d’amore malato, possessivo e violento ormai scolorita e tragica, tra Ylenia Bonavera e Alessio Mantineo, è finita com’era prevedibile nella pattumiera pomeridiana televisiva. Ma c’è un punto fermo in questa vicenda, ed è l’ordinanza di custodia cautelare che il gip Eugenio Fiorentino ha emesso per lasciare in carcere Mantineo con l’accusa di tentato omicidio premeditato. Secondo il giudice quindi è stato Mantineo, domenica scorsa, a tentare di dar fuoco alla sua ex fidanzata, riuscendo a bruciarla in più parti del corpo. Ecco alcuni stralci del provvedimento giudiziario che ha portato in carcere i giovane. La serata insieme Ecco come la racconta Ylenia: «... dichiarava di aver trascorso la serata insieme ad alcune amiche prima presso il locale “Il Cavallino”e poi presso quello noto come “L’Officina”, dove aveva incontrato l’odierno indagato, suo precedente fidanzato - con il quale aveva scherzato e che le aveva anche donato 20 euro per contribuire all’acquisto di un giubbotto -, e di aver fatto ritorno a casa intorno alle ore 4.30». Ecco come la racconta Alessio: «... il Mantineo ha infatti sostenuto di aver trascorso la serata con la persona offesa (unitamente alla quale avrebbe anche consumato due rapporti sessuali, di cui uno all’interno del bagno del locale citato e l’altro all’aperto...), ma di aver deciso di non recarsi presso l’abitazione di quest’ultima attesa la contrarietà della propria madre alla prosecuzione della relazione». L’accusa della prima ora «Venivano infatti sentiti la madre della giovane, Giorgio Piluso Nunziata, ed il medico del reparto..., il quale aveva prestato le prime cure: entrambi rappresentavano che la ragazza, durante la pulitura delle ustioni, aveva riferito inizialmente che la persona che l’aveva aggredita era “lui”, ossia un ragazzo con il quale era andata a ballare e con cui al rientro aveva litigato. Quest’ultimo, poco dopo, era ritornato presso la sua abitazione, l’aveva scaraventata a terra, cospargendola di benzina, e le aveva dato fuoco con un accendino. Essi concludevano evidenziando che successivamente la ragazza aveva modificato la propria versione, sostenendo che il responsabile dell’azione delittuosa era un soggetto all’uopo incaricato da “lui”». Le richieste alla vicina Fondamentale la testimonianza della vicina di casa, «... la quale rappresentava che durante la notte ella ed il marito avevano sentito suonare il campanello della loro abitazione tre volte, ed in particolare: 1) intorno alle ore 3,15 allorché una donna gridava chiedendo aiuto: ella era quindi andata ad aprire e - constatato che si trattava della Bonavera, la quale non specificava le ragioni della richiesta -, le aveva risposto che non poteva esserle utile e aveva chiuso la porta; 2) nuovamente alle ore 4e sempre dalla medesima, alla quale aveva chiesto di non disturbarla ulteriormente; 3) prima delle ore 5, ma in tale circostanza l’odierna persona offesa “dal bacino in giù era nuda e oltretutto presentava delle bruciature alle mani, ai piedi ed alle gambe”,e le chiedeva di chiamare il 118. Ella,a fronteditale situazione,non si esimeva dal prestarle soccorso, consegnandole il telefono perché componesse il numero: poiché era in stato di agitazione, era proprio lei a spiegare all’operatore quale fosse la situazione, riferendo che la ragazza presentava delle ustioni e che aveva indicato come responsabile il proprio fidanzato. Chiusa la telefonata, la Bonavera tuttavia sottolineava “io non sono una sbirra”

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