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Il coraggio di una Chiesa che vuol essere credibile

Il coraggio di una Chiesa che vuol essere credibile

«Il freddo di questi giorni si scioglie davanti a tanto calore». Le prime parole del nuovo arcivescovo sono di ringraziamento: «I messinesi mi hanno fatto già sentire uno di loro, sono grato a tutti per quest’accoglienza». Le seconde, invece, sono le parole che Papa Francesco ha affidato a mons. Giovanni Accolla: «Coraggio e coraggio. Non avere paura di incontrare la gente e di fare incontrare alla gente Gesù. Questa è la nostra missione». Ed è nel solco di questo messaggio che si è aperta ieri, con l’insediamento del Pastore venuto da Siracusa, la nuova stagione della Chiesa messinese, dopo un anno di “commissariamento” gestito dagli amministratori apostolici Raspanti e Papa.

Ha scelto un luogo simbolico per il suo primo incontro con la città di Messina: il Seminario arcivescovile di Giostra. Qui, nel corso di una conferenza stampa, prima della celebrazione eucaristica in Cattedrale, ha anticipato i temi che caratterizzanno la sua azione pastorale. E il Seminario non è stato scelto a caso: è la fucina dei nuovi sacerdoti, è il cuore di una Chiesa che deve sempre sapersi rinnovare e guardare al futuro.

«Chi parla deve essere credibile». Lo dice con una semplicità disarmante che cela, però, idee chiarissime, pur se nascoste dietro parecchi «non so, non conosco, il mio cammino comincia oggi». «Dobbiamo fare ognuno i conti con noi stessi, che ogni nostra parola debba essere credibile significa che deve essere fedele al Vangelo, alla chiamata e alla missione che ci è stata affidata». Una Chiesa “non credibile” tradisce il Signore e se stessa. Credibilità comporta anche un’operazione di verità e trasparenza in tutti gli atti, anche quelli amministrativi, anche se bisogna stare molto attenti a «non gettare fango» sul lavoro dei predecessori.

Chiarisce subito un concetto importante, mons. Accolla: «Non bisogna cercare il consenso a qualsiasi costo. Non possiamo tradire il Vangelo. Il Signore ci ha chiamati a essere profeti e a volte il profeta non è gradito dalla massa, anzi spesso è l’esatto contrario. Ma noi abbiamo il dovere della fedeltà al messaggio di salvezza che Dio ci ha affidato». Lo ripete anche in seguito: «Non si diventa vescovi per cercare consensi da talk show, non siamo politici o personaggi dello spettacolo che possono anche promettere senza poi mantenere gli impegni. Noi siamo qui solo per essere fedeli a un progetto d’amore che radica il nostro modo d’essere nella capacità di spendersi per gli altri, di partecipare e di condividere».

E qui sopraggiungono le parole, impegnative ma anche di conforto, del Pontefice: «Coraggio e coraggio, vai e incontra la gente perché la gente incontri Gesù». L’incontro è un momento essenziale nella vita delle persone e delle comunità, ed è ancora più necessario «oggi che si tende, più che a incontrarsi, a scontrarsi o a ignorarsi». E alla capacità di incontrare mons. Accolla abbina anche l’esperienza del “silenzio”, che è contemplazione ed è predisposizione all’ascolto degli altri. «Dobbiamo riscoprire lo strepito del silenzio, come nelle Catacombe di Siracusa, quel fragore capace di far ritornare tutte le nostre voci interiori e di farci aprire il cuore con generosità alla presenza degli altri. Ecco, posso dire che questo sarà il mio primo passo nella nuova Diocesi: mettermi in silenzio per ascoltare, non avere paura di farmi “piccolo” tra i piccoli, come ha fatto Gesù, per raggiungere il livello massimo di condivisione». Niente “grandi impegni”, almeno in questa fase, solo la garanzia di aprire lo sguardo a tutte le fragilità, che sono presenti nel territorio, tra le comunità parrocchiali, nella società civile, ma che trascendono anche i limiti di una parrocchia, di una città, di un territorio metropolitano: «La Chiesa non ha confini territoriali, ha il dovere di farsiu “tutto a tutti”».

C’è anche un richiamo all’orgoglio dei siciliani e dei messinesi in particolare: «Attenti, non un peccato di orgoglio, ma un riscatto di orgoglio, perché dobbiamo uscire dalle logiche di sottomissione, dobbiamo essere noi un popolo di “invasori”, in senso buono, non di eterni invasi. L’orgoglio della nostra identità. Possiamo recuperarlo tutti insieme, nessuno può agire da solo. Il vescovo non può e non deve essere un don Chisciotte. Si cammina insieme, insieme si cresce. E l’unione e la condivisione ci rende più forti delle tentazioni e delle contraddizioni, che sono tante, all’interno e all’esterno della Chiesa».

Sulle difficoltà e sulle zone d’ombra mai chiarite dell’ultimo periodo dell’Arcidiocesi mons. Accolla non intende pronunciarsi: «Volutamente non ho seguito dicerie e maldicenze, io sono qui per ascoltare e chiedo l’aiuto di tutti, a cominciare dal clero messinese, poi ci sarà tempo e spazio per il discernimento. Ma non chiedetemi oggi di dare giudizi su cose che non conosco nè di gettare fango sulle persone. Seguiamo il Vangelo, niente di più, niente di meno».

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