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Interrogati in otto Gioitta e Borgia hanno scelto di non rispondere

Interrogati in otto Gioitta e Borgia hanno scelto di non rispondere

Sono iniziati ieri, e proseguiranno fino a lunedì, gli interrogatori di garanzia delle persone raggiunte da misura cautelare a seguito delle misure cautelari dell’operazione “Gamma Interferon”, su abigeati, macellazioni clandestine e carni infette negli allevamenti dei Nebrodi.

Ad essere sentiti per primi i due indagati ristretti nel carcere di Gazzi, Salvatore Borgia e Nicolino Gioitta, e sei di quelli ai domiciliari, Tindara e Carmelo Ferraro, Giacomo Agostino Ninone, Salvatore Artino Inferno ed i due veterinari Antonino Ravì Pinto e Fortunata Grasso. Al Tribunale di Patti, di fronte al gip Andrea La Spada ed al sostituto procuratore Luca Melis, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Salvatore Borgia e Nicolino Gioitta, indicati dagli investigatori come i leader dei due gruppi che gestivano i traffici illeciti di bestiame sui Nebrodi. I due sono rappresentati rispettivamente dagli avvocati Nunziatina Armeli e Rosario Ventimiglia. Non ha risposto alle domande del magistrato neanche Antonino Ravì Pinto, il referente del dipartimento di sanità pubblica veterinaria dell’Asp di Sant’Agata finito ai domiciliari. Il medico è difeso dagli avvocati Alberto Gullino e Emiliano Lazzara.

Parlano e respingono le accuse, invece, Fortunata Grasso, veterinaria messinese finita ai domiciliari, Tindara Ferraro, Giacomo Agostino Ninone e Salvatore Artino Inferno, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Alessandro Pruiti, Decimo Lo Presti e Rosario Ventimiglia. In particolare la Grasso ha spiegato al Gip le procedure ordinarie che sovraintendono all’esecuzione dei controlli negli allevamenti. Procedimenti per i quali, lo ricordiamo, i veterinari del dipartimento santagatese sono finiti pesantemente sotto accusa, sospettati di aver occultato la presenza di focolai infettivi negli allevamenti, fatto sparire capi affetti da brucellosi ed aver favorito, attraverso false attestazioni, il traffico clandestino di carni, intervenendo con documentazioni mendaci necessarie al trasporto dei capi ed infine con la produzione dei certificati per il mantenimento della qualifica aziendale.

Fortunata Grasso ha respinto tali accuse, in particolare nelle parti in cui le vengono contestate contiguità con allevatori che, invece, ha negato di conoscere. Alcuni passaggi sono stati quindi dedicati ai protocolli utilizzati dall’azienda sanitaria per il riscontro della tubercolosi. Tindara Ferraro, compagna di Salvatore Borgia, ha illustrato invece al giudice le modalità di acquisizione nell’azienda dei suini, che vengono lasciati liberi prima del procedimento di tatuatura, tra il sessantesimo ed il novantesimo giorno. Una pratica che, secondo gli inquirenti, sarebbe invece stata adoperata fraudolentemente per celare la provenienza illecita dei capi di bestiame.

Ha risposto respingendo le accuse mosse a suo carico anche Salvatore Artino Inferno, infine, dichiarazioni sono state rese da Giacomo Agostino Ninone, titolare di una macelleria a Mirto. L’uomo ha chiarito alcuni passaggi in merito alla sua attività, difendendosi dall’accusa di essere partecipe del gruppo nella commercializzazione della carne non controllata attraverso la sua macelleria. Tutti gli avvocati difensori, cui il Gip ha posto il divieto di colloquio con i loro assistiti fino al termine dell’esecuzione degli interrogatori di garanzia, hanno già preannunciato il ricorso al Tribunale del Riesame contro l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari.

Nei confronti di 26 degli indagati, lo ricordiamo, è contestata l’associazione a delinquere per reati quali l’uccisione di animali, la violazione di sigilli, falsi per soppressione, detenzione e commercio di sostanze alimentari nocive, adulterazione di sostanze alimentari, furto, ricettazione, diffusione di malattie infettive, omissioni d’ufficio, abusi d’ufficio, falsi in atti pubblici e truffe ai danni dell’Agea.

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