Ergastolo per due dei mandanti. Anche in appello. Il “carcere a vita”. Ecco la conclusione di ieri mattina del processo in Corte d’assise d’appello per l’ennesimo troncone relativo all’omicidio di Stefano Marchese, che fu giustiziato dal pentito e reo confesso Gaetano Barbera a soli 27 anni sul viale Annunziata il 18 febbraio del 2005, prima con quattro colpi di pistola al corpo, sparati alle spalle mentre cercava di mettersi in salvo, e poi con altri due, su una tempia e al centro della fronte.
La condanna decisa dalla Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Alfredo Sicuro, a latere il collega Bruno Sagone, riguarda in questo caso lo “storico” boss della zona sud, oggi 53enne, Marcello D’Arrigo, e il 56enne Rosario Vinci, figlio del boss ultrasettantenne Giovannino Vinci, che in primo grado fu condannato all’ergastolo per questa vicenda ma in appello è stato giudicato incapace di stare in udienza per le sue gravi condizioni di salute, e quindi è stato sospeso il procedimento a suo carico.
Ad assistere i due gli avvocati Salvatore Silvestro, Alessandro Billé, Alessandro Mirabile e Andrea Borzì.
Confermate quindi anche le statuizioni per la parte civile. In primo grado, nel giugno del 2015, era stata accordata anche una “provvisionale” di 20.000 euro alla parte civile, il padre della vittima, Tommaso Marchese, oltre al risarcimento da stabilirsi poi in altra sede. È stato l’avvocato Pancrazio Calabrese ad assisterlo come parte civile nella vicenda.
Ergastolo per D’Arrigo e Rosari Vinci aveva richiesto l’accusa anche in appello, rappresentata dal sostituto procuratore generale Maurizio Salamone.
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