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«Una morte ingiusta, una verità che solo in parte può dare pace»

«Una morte ingiusta, una verità che solo in parte può dare pace»

«Questi sono morti per cui ci si interroga, si chiedono risposte e chiarezza, si ricerca una verità che in parte può dare pace, ma solo in parte».

Ha toccato così monsignor Giuseppe La Speme, con parole asciutte, il punto più delicato della tragedia costata tre vite nel fondo del traghetto Sansovino, durante il funerale di Cristian Micalizzi. È stato dato l’ultimo saluto al primo ufficiale di coperta di 38 anni, spirato per le micidiali esalazioni sprigionate dai residui durante la pulizia di una cassa d’aria. Con lui il 29 novembre scorso sono morti il ventisettenne di Lipari Gaetano D’Ambra, secondo ufficiale di coperta, le cui esequie saranno celebrate domattina nella chiesa madre eoliana, e il marittimo Santo Parisi, il cui funerale si svolgerà in contemporanea a Terrasini.

La Speme, che ha officiato il rito insieme a mons. Tonino Schifilliti, in una Cattedrale resa silente dal dolore, ha tracciato il più alto degli accostamenti, quello tra la morte ingiusta di Gesù sulla Croce e la morte ingiusta di chi perde la vita mentre sta lavorando, in modo inaspettato, improvviso. Con lo strazio di quanti – in questo caso la moglie Luana e le due figliolette di 4 anni e 6 mesi – hanno perduto così, nel volgere di pochi secondi, un marito e un padre.

Se dunque non è mancato quel che in tanti ieri s’aspettavano dalla parola della Chiesa su una tragedia inaccettabile, il cuore della celebrazione è stato però la compostissima partecipazione della città al lutto dei familiari. In chiesa c’erano oltre un migliaio di persone, tra le quali centinaia di lavoratori marittimi, le autorità civili e militari della città, il vicepresidente della commissione Trasporti della Camera, il parlamentare messinese Enzo Garofalo, l’apparato di vertici e dirigenti della Caronte & Tourist Isole minori. Tutti immersi in un silenzio irreale, più eloquente di mille parole, come quest’anno è accaduto più volte, sempre al Duomo, per i funerali di splendidi ragazzi travolti da auto “impazzite”.

Davanti alla bara dell’“indimenticabile” Cristian ricoperta di un manto di rose purpuree, i protagonisti sono stati i ricordi, le testimonianze, i saluti estremi rivolti dagli uomini di mare, i parenti e gli amici. Un sentimento che ha consentito di trovare parole per quel “balsamo di consolazione”, come l’ha definito padre La Speme, che solo la fede porge dopo una perdita lacerante. Per primo all’altare, un ufficiale della Marina mercantile che ha letto la preghiera del marinaio e rivolto «al prezioso amico, al grande collaboratore, a un uomo umilissimo, a te, Cristian», l’ultimo tradizionale augurio di un “buon vento”.

Una parente della famiglia Micalizzi ha quindi ricordato il carattere del trentaseienne: «Tornavi dal lavoro stanco, desideroso solo d’abbracciare la moglie e le tue figlie. E a chi ti chiedeva “come stai” tu rispondevi sempre “bene” con un sorriso. E studiavi per migliorarti, per costruire per la tua famiglia un bell’avvenire».

Un filo spezzato: «Bisogna avere molta fede, e tu ce l’hai, cara Luana: fatti coraggio e un giorno racconterai alle vostre due figlie chi era veramente il loro papà, e che lui vi protegge dal Cielo». Sempre nel campo del dolore e non di una polemica fuori contesto, anche la riflessione del segretario regionale della Uil Trasporti, Agostino Falanga, che si è soffermato su «l’uomo, marito e padre esemplare, per cui la famiglia e il lavoro erano tutto, anche se purtroppo – non ha mancato di annotare – quel lavoro non sempre si sposa con il rispetto della sicurezza e delle regole». Anche il Nautico Caio Duilio ha fatto sentire la sua voce attraverso la testimonianza dell’ex professore di Cristian, il vicepreside Raffa, il quale ha ricordato come il legame con gli alunni, che poi sono divenuti uomini, resti vivo per sempre nel cuore. «E come quello della tua famiglia, anche il nostro cuore si è spezzato».

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