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Stufi di pagare per quello
che non viene erogato

Stufi di pagare per quello che non viene erogato

I rifiuti invadono nuovamente le strade della città. E i cittadini entro il 10 dicembre devono pagare il saldo finale della Tari per il 2016. Palazzo Zanca ha sofferto le pene dell’inferno sul piano economico-finanziario, con la riduzione di servizi anche essenziali (le mense scolastiche non sono state attivate, in alcuni plessi manca perfino il riscaldamento). E i cittadini scoprono che i dirigenti comunali hanno attinto a piene mani soldi che ora, secondo quanto evidenziato dal Collegio dei revisori dei conti, devono restituire (e non sono bruscolini: si parla di 3 milioni 200 mila euro...).

C’è un evidente scollamento tra il dire e il fare, tra il promettere e il garantire, tra la Messina agognata e quella reale. E il 2016 si avvia alla sua ultima curva, prima di autoconsegnarsi agli archivi della Storia, sbandando tra tante contraddizioni, seguendo di fatto il percorso che ha caratterizzato quasi tutto l’anno.

La Tari è una tassa che va pagata, questo lo sanno tutti. Ma a Messina si configura come un odioso balzello, quasi come l’obolo che lo sceriffo di Nottingham pretendeva dal popolo oppresso dal re (abusivo) Giovanni. A quei tempi, però, c’era Robin Hood che guidava la rivolta. Non è colpa dell’amministrazione comunale se il Governo regionale continua a combinare pastrocchi dal punto di vista burocratico, se la dotazione infrastrutturale nel settore dei rifiuti rimane all’anno zero, se le discariche sul territorio regionale sono ormai stracolme di immondizia, se il piano dei termovalorizzatori viene avversato e non è mai partito, se ogni città invoca la soluzione all’emergenza ma con il solito motto “tutto, fuorché nel mio giardino”.

Ma la gente giudica da quello che vede. E in questi giorni i contribuenti saranno costretti a recarsi agli sportelli per pagare la Tari, attorniati dal solito spettacolo di spazzatura lasciata “a singhiozzo” sulle strade. E poi, gli stessi contribuenti, confrontando le proprie bollette con quelle delle altre città, avranno la conferma che qui, in riva allo Stretto, si versa una delle tariffe più alte d’Italia. Quella di Milano è di gran lunga inferiore e lì hanno il servizio tra i più efficienti d’Europa (non esiste più una discarica), mentre Messina galleggia su un mare di rifiuti fuori dai cassonetti, tra strade luride e puzzolenti.

La questione dei fondi che i dirigenti comunali dovranno restituire nei prossimi mesi è, su un altro versante, la testimonianza di come qualsiasi proclama sul riordino della macchina amministrativa finisca, poi, con lo sbattere su un muro di gomma. La burocrazia è sempre più forte della politica. Lasciamo da parte la demagogia, chi dirige e assume ruoli di grande responsabilità è giusto che sia tutelato anche sul piano economico, ma in un ente pubblico, così come in un’azienda privata, sono poi i risultati che “comandano”. E non si possono elargire (a se stessi) premi di produttività in un Comune che, per cause obiettive ma anche per una serie di errori o di mancate scelte, è da anni sull’orlo del dissesto finanziario. Ecco perché oggi la Tari e i compensi dirigenziali non dovuti sono due facce della stessa medaglia. Sappiamo che Messina non potrà diventare in poco tempo come Trento, o Lugano, o Stoccolma. Quello che si chiede, però, è una città “normale”. Dove si paga il giusto per servizi erogati regolarmente. È chiedere troppo, lo sappiamo...

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