I dirigenti di Palazzo Zanca dovranno restituire alle casse del Comune oltre 3 milioni di euro. Cioè quelle somme intascate, sebbene non ce ne fossero i presupposti. O almeno questo dovrebbe accadere, secondo quanto messo per iscritto dal collegio dei revisori dei conti. Giuseppe Zingales e Federico Basile, i due attuali revisori, di fatto danno ragione a quanto sostenuto meno di due mesi fa dalle segreterie delle Funzioni pubbliche di Cgil e Cisl e del Csa. Ad inizio ottobre, infatti, le tre organizzazioni sindacali si rifiutarono di sottoscrivere l’ipotesi di accordo dei contratti decentrati della dirigenza, per il quale il direttore generale del Comune Antonio Le Donne aveva trovato un’intesa solo con la Diracom-Direl, il sindacato dei dirigenti (non a caso).
Cgil, Cisl e Csa, in quell’occasione, motivarono il loro no definendo «difforme e pertanto illegittima la costituzione dei fondi anni 2011-2013». E questo perché in quei fondi erano stati «illegittimamente» incrementati di 3,2 milioni di euro. Occorre fare un passo indietro e chiarire cosa sono, i fondi. Gli stipendi dei dirigenti (che ricordiamo, vanno dai 94 ai 104 mila euro l’anno) sono la somma del tabellare di base e del cosiddetto “trattamento accessorio”, voce che è composta dalle retribuzioni di posizione e di risultato. Queste due ultime indennità vengono pagate attingendo, appunto, da un fondo, che dovrebbe essere costituito ogni anno. Usiamo il condizionale perché, in realtà, i fondi per la dirigenza non vengono costituiti dal 2011.
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