Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Torna a Messina il rostro romano Sarà esposto nel nuovo Museo

Torna a Messina il rostro romano Sarà esposto nel nuovo Museo

È tornato a casa. Finalmente. Dopo otto anni. Una pagina “vivente” della nostra grande storia unita, che rimarrà per sempre a Messina.

Un pomeriggio di novembre il meraviglioso rostro romano in bronzo di Acqualadroni è “sbucato” al Museo Regionale, dove sarà a breve esposto in via definitiva in quella sezione archeologica che diventerà un’ala del Polo museale, prossimo all’apertura.

La data più volte ribadita dall’assessore regionale ai Beni culturali Carlo Vermiglio è il 9 dicembre.

Ed è un rostro che ancora custodisce brandelli del legno della nave romana che lo “indossava” e del legno della nave che fu colpita. Una valenza storico-archeologica eccezionale. Che tutti, in futuro, potranno cogliere guardandolo da vicino.

Di pomeriggio presto è arrivato, a Messina, consegnato da un rappresentante della Soprintendenza del Mare di Palermo, con il placet del soprintendente Sebastiano Tusa, che ne ha curato personalmente il lungo restauro a Pisa, e l’autorizzazione dell’assessore regionale Vermiglio.

A prenderlo in consegna il direttore del Polo regionale di Messina Caterina Di Giacomo, con l’architetto Gianfranco Anastasio, che è il responsabile dell’allestimento. A breve sarà esposto nell’ala archeologica del nuovo Museo, curata da Giovanna Maria Bacci.

Il trasporto è stato effettuato con tutte le cure da personale specializzato e con un camion dell’autoparco regionale. In futuro sarà sicuramente una delle principali attrattive dell’ambiente dedicato all’archeologia subacquea del nuovo Museo, che si avvale anche di alcuni bellissimi “pezzi” della Soprintendenza di Messina, concessi dal dirigente della Sezione archeologica, Gabriella Tigano.

Il ritrovamento

Sul finire dell’estate del 2008, l’8 settembre, venne fatta a Messina una delle più importanti scoperte archeologiche di tutti i tempi per la nostra città. Fu recuperato a meno di 300 metri dalla battigia della spiaggia di Acqualadroni, dalla Guardia costiera e dalla Soprintendenza del mare di Palermo, un rostro romano in bronzo (la prima datazione fu al 36 a.C.), lungo circa due metri e con fasce laterali in legno decorate. Ad avvistarlo, a circa 7-8 metri di profondità, era stato il giorno precedente un sottufficiale della Marina militare. Fu il settimo esemplare al mondo ad essere ritrovato, il terzo in Sicilia. Il rostro, di importanza eccezionale, era in perfetto stato di conservazione.

La ricostruzione storica

Sulla datazione del rostro c’è da dire che in un primo tempo, dopo il restauro del legno, si era propensi per una fattura risalente al III sec. a.C., per capirci legata alla prima fase delle Guerre Puniche, mentre adesso, anche dopo la fase successiva di restauro, sembra che si sia “retrodatato” il periodo storico alla Battaglia del Nauloco, cioé alla prima datazione che venne pensata subito dopo il ritrovamento (ovvero il 36 a.C., ma la “disputa” è ancora aperta, per adesso possiamo dire tra il I e il III secolo a.C.).

Il rostro di Acqualadroni sarebbe quindi la “punta” di una nave romana che partecipò allo scontro navale tra Capo Rasocolmo e Capo Peloro, tra Milazzo e Messina, quando la flotta dell’imperatore Augusto guidata da Marco Vipsanio Agrippa venne inviata per costringere alla resa Sesto Pompeo, il console siciliano che si era ammutinato.

Era una sorta di spuntone a tre strati, forgiato in bronzo, montato sulla prora e sotto la linea di galleggiamento, che veniva adoperato dalle navi romane per speronare le imbarcazioni nemiche, e farle così affondare dopo aver fracassato il fasciame dello scafo.

Tag:

Caricamento commenti

Commenta la notizia