Messina

Venerdì 29 Novembre 2024

Corsi d'oro 2: «Non ci furono peculato e truffa»

Corsi d'oro 2: «Non ci furono peculato e truffa»

«Semplicemente il mio obiettivo è di dimostrare che i fatti, quand’anche fossero stati correttamente ricostruiti, non configurano né il reato di associazione per delinquere, né quello di peculato, e che, non sussistendo l’induzione in errore, manca un elemento essenziale del reato di truffa».

Il primo raffinato canovaccio della difesa per Francantonio Genovese al processo sulla formazione professionale che “rischia” di giungere a sentenza prima di Natale è stato distillato ieri mattina in oltre due ore d’arringa dall’avvocato Gaetano Pecorella, che nel suo originario mondo giudiziario, dove è tornato dopo le avventure politiche, non ha certo bisogno di presentazioni. Nel pomeriggio poi un altro lungo intervento dell’avvocato Nino Favazzo, co-difensore del parlamentare, su altri profili della galassia Genovese e sul suo coinvolgimento diretto. Erano le sei del pomeriggio passate quando l’udienza si è chiusa, in un Palazzo di giustizia ormai semideserto.

Alcuni punti essenziali l’avvocato Pecorella li ha trattati di seguito, iniziando dalla contestazione accusatoria del riciclaggio, ovvero per Genovese l’aver intascato secondo l’accusa attraverso la cassaforte economica di famiglia, la Caleservice, parte del denaro che la Regione versava per i corsi di formazione: «le condotte che gli sono attribuite - ha detto Pecorella -, non possono dar luogo al riciclaggio, se non altro perché gli altri soggetti non sarebbero che suoi prestanome, esecutori senza una loro volontà». L’avvocato ha poi “spezzettato” la figura dell’ex dirigente regionale della formazione, Ludovico Albert, l’uomo venuto da Torino per mettere ordine in Sicilia, affermando che la sua testimonianza «per definizione non è imparziale, se non altro perché è parte nel procedimento, anzi è la controparte di Genovese nella causa civile da lui intentata con la sua costituzione... la posizione procedurale di Albert, oltretutto, è assolutamente singolare perché ha reso dichiarazioni, prima come coimputato di associazione per delinquere, poi come imputato in procedimento connesso, e infine come persona offesa costituita parte civile».

E secondo l’avvocato Pecorella nella vicenda della formazione professionale che è sul piatto dei giudici della prima sezione penale, sul piano squisitamente giuridico prima, e fattuale poi, non sarebbe configurabile il reato di peculato, che la Procura invece ritiene sussistente e strettamente collegato, temporalmente, al reato di truffa. In questo caso ha richiamato per corroborare il suo “no” alla sussistenza del peculato la decisione del Riesame di Messina del settembre 2013 e la decisione della Cassazione del 2014 che confermò il Riesame. Poi ha lanciato un quesito («Ma è proprio vero che gli enti [di formazione] gestiscono denaro pubblico?»), ragionando sul fatto che potrebbe invece trattarsi sul piano della qualificazione giuridica, piuttosto di una compravendita.

Altre due questioni, legate sempre ai capi d’imputazione, l’avvocato Pecorella le ha trattate per i reati di truffa e associazione a delinquere. Lapidario sulla truffa: «Se non c’è nessuno che viene indotto in errore dove è la truffa? Quindi il pagamento non era l’effetto di un artificio o raggiro, ma era solo l’effetto del riconoscimento di un credito».

E l’associazione a delinquere? «Per noi non esiste», ha detto tra l’altro Pecorella, con un esempio e un quesito: «Se una società che produce auto emette fatture false è un’associazione per delinquere?», invitando poi i giudici a fare una netta distinzione tra due concetti ben differenti: l’impresa criminale, e la criminalità d’impresa.

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L’avv. Favazzo

«Molti atti sono inutilizzabili»

Dopo l’intervento dell’avvocato Pecorella ieri ha preso la parola il co-difensore di Genovese, l’avvocato Nino Favazzo. Il legale ha come prima cosa affrontato quattro profili di inutilizzabilità degli atti secondo la difesa, in particolare le intercettazioni che riguardano il parlamentare ed alcune testimonianze che sono ritenute fondamentali dall’accusa. Ha poi iniziato ad affrontare il tema associativo, passando in rassegna, punto su punto, e contestandoli fortemente, gli elementi utilizzati dall’accusa a sostegno delle proprie teorie. Favazzo non ha ancora concluso il suo intervento, che riprenderà all’udienza del 5 dicembre prossimo.

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