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Giudizio immediato per due medici dell’ospedale Papardo

Giudizio immediato per due medici dell’ospedale Papardo

L’accusa ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato per i due medici dell’ospedale Papardo coinvolti nella vicenda dei presunti aborti clandestini. Così, il 18 gennaio prossimo, davanti alla seconda sezione penale di Palazzo Piacentini, dovranno affrontare il processo il primario anestetista del reparto di Rianimazione Giuseppe Luppino e il ginecologo Giovanni Cocivera, con un passato da ex consigliere comunale. Accolta l’istanza del procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci e del sostituto Marco Accolla di saltare l’udienza preliminare e celebrare il procedimento con il rito speciale. A spingere la Procura verso questa direzione vi sarebbero prove ritenute evidenti e la sussistenza della misura cautelare per i medici, entrambi agli arresti domiciliari dopo la decisione del Tribunale del riesame. I difensori degli imputati, gli avvocati Alberto Gullino, Carlo Autru Ryolo, Nicola Giacobbe e Chiara Sterrantino, valuteranno adesso se intraprendere la strada del rito abbreviato.

La vicenda

Cocivera e Luppino sono accusati di aver fatto abortire, in violazione della normativa vigente, nello studio privato del primo (una struttura sprovvista, secondo gli accertamenti della polizia, dei prescritti requisiti igienico-sanitari e ostetrico-ginecologici), in cambio di soldi. Rispetto alle accuse iniziali è venuta meno una delle tre ipotesi di reato, ovvero l’illecita interruzione di gravidanza prevista dalla legge 194 del 1978, mentre a parere del gip Maria Vermiglio (che sul finire dello scorso mese di giugno ha siglato i provvedimenti di custodia) sono rimasti in piedi il peculato e la concussione.

Il decreto di fermo di indiziato di delitto emesso per i due medici dell’azienda ospedaliera Papardo-Piemonte ha acceso i riflettori anche sulla sottrazione di farmaci dal nosocomio della zona nord di Messina. Quanto alle interruzioni di gravidanza, avrebbero fruttato somme comprese tra i 750 e i 1200 euro. Inoltre, i delicati interventi, sarebbero stati commessi in una struttura privata «non abilitata ex lege», nonché «priva dei requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici, con conseguente serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna che ivi avrebbe dovuto abortire».

I due medici avrebbero proposto «come unica modalità in grado di far ottenere l’aborto in tempi brevi e comunque entro i 90 giorni di tempo dall’inizio della gravidanza, quella di sottoporsi a intervento presso lo studio privato di Giovanni Cocivera, in cambio di denaro».

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