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Toh, la politica s’è accorta dell’Archeologia

Toh, la politica s’è accorta dell’Archeologia

Che in quell’aula di Palazzo Zanca ieri mattina si sia parlato addirittura di archeologia e non di delibere da rifare perché completamente sconclusionate (il che in consiglio comunale succede purtroppo molto spesso), è veramente una cosiddetta “notizia sensazionale”. La politica s’è finalmente accorta che Messina “è” una città piena zeppa di siti archeologici assolutamente non valorizzati, anzi molto bistrattati e conosciuti pochissimo, praticamente solo dagli addetti ai lavori e da qualche sparuto appassionato. Ma la nostra storia greca, e poi romana, e poi araba, e poi normanna è lì, anzi è qui, da secoli.

Quindi grande merito all’audizione di ieri mattina promossa dal presidente della Commissione consiliare per la Cultura, Piero Adamo, che ha ospitato l’archeologa Gabriella Tigano, che dirige l’Unità operativa 5-Servizio beni archeologici della Soprintendenza, e l’esperto di storia cittadina Franz Riccobono.

L’argomento iniziale era il recupero e la futura fruizione della meravigliosa tomba a camera di largo Avignone, oggi praticamente negletta in un sottoscala, la cui presenza proprio Riccobono segnalò per primo all’epoca alla Soprintendenza di Siracusa. Ma poi il discorso si è sapientemente allargato un po’ a tutti gli eccezionali cantieri e siti archeologici che sono presenti in città (basti pensare che i punti d’interesse censiti dalla Soprintedenza sono oltre cento, dicasi cento).

La relazione di Riccobono

Riccobono ha illustrato il momento della scoperta della tomba a camera, facendo scorrere una serie di bellissime foto storiche del suo archivio privato. Dopo la demolizione della vecchia scalinata furono effettuati, per la realizzazione della nuova, interventi di sbancamento nel terrapieno sottostante la via degli Orti. E dalle foto in mostra ieri mattina si capiva chiaramente che lo sbancamento mise in luce tombe costruite in mattoni di epoca romana che si sovrapponevano alle sepolture più antiche (inclusa la camera funeraria), così come gli scavi recenti hanno confermato. Lo scavo vero e proprio per la tomba a camera di largo Avignone fu poi condotto dal prof. Giacomo Scibona, un grande archeologo che ha legato la sua vita ai più importanti scavi archeologici della città e della provincia, sin dagli anni ’70.

Ma torniamo allo scavo e alla relazione di Riccobono. A conclusione delle ricerche, per rendere fruibile la tomba a camera, la scalinata fu realizzata in modo da lasciare sotto un ampio vano, a protezione del monumento funerario e di un epitymbion a gradoni risalente al III sec. a.C.. La tomba rimase fruibile per diversi anni ma ad un certo momento, agli inizi degli anni Ottanta, l’ampio vano esistente sotto la scala, cambiò destinazione e divenne luogo di stoccaggio dei reperti rinvenuti in altri scavi, per esempio quelli di viale Boccetta e dell’Isolato 73 (molto probabilmente per evitare il trasferimento a Siracusa dei materiali archeologici). E così la tomba da allora non fu più fruibile, nonostante le richieste avanzate da più parti, per esempio quella lungimirante dell’Archeoclub di Messina.

L’intervento della dott. Tigano

Lungo, intenso e appassionato l’intervento dell’archeologa Gabriella Tigano, che ha manifestato subito la «piena volontà della Soprintendenza di Messina di porre in atto quanto necessario per rendere fruibile l’importante monumento, una struttura funeraria di eccezionale rilievo, l’unica nota in Sicilia», che ha una tipologia ben documentata in Italia Meridionale. La studiosa ha detto anche che nel 2011 era stato presentato un progetto all’UE, che però non trovò un finanziamento.

Molto più recentemente l’ex assessore alla Cultura Perna aveva proposto di supportare la Soprintendenza per avviare quello che è senza dubbio il primo lavoro da fare: ovvero trasferire in un altro luogo le decine di cassette piene di reperti archeologici collocati a suo tempo, ma anche gli scheletri e le tombe ad incinerazione recuperate integralmente al momento dello scavo, questo sempre con la speranza (fino ad oggi vana) di poter esporre il tutto in un vero museo archeologico cittadino, che “forse forse” questa volta si riuscirà finalmente a realizzare nella Cittadella della Cultura nel plesso dell’ex ospedale Margherita, uno dei progetti ritenuti fondamentali per la città dal sovrintendente ai Beni Culturali Orazio Micali, che ci sta lavorando da mesi anche in chiave progettuale, e per cui sono già certi ben 42 milioni di euro di finanziamenti da parte dell’UE, come abbiamo anticipato nei giorni scorsi.

Il futuro della tomba a camera

Svuotare però il vano della tomba a camera - ha spiegato ieri la Tigano -, non è però un’operazione semplice, perché c’è bisogno di uomini e di mezzi idonei per garantire il trasferimento. Se il Comune metterà a disposizione un mezzo e gli operai, l’operazione è fattibile - ha detto l’archeologa -, perché la Soprintendenza ha gli spazi dove trasferire i materiali. Una volta svuotato il vano, considerato lo stato in cui versa l’ambiente sotto la scala, sarebbe comunque necessario - ha spiegato la studiosa - programmare un intervento di risanamento, magari con il supporto di uno sponsor privato.

I siti sparsi in tutta la città

La dott. Tigano ha poi illustrato - ecco la parte forse più importante dell’audizione di ieri mattina -, quali altri siti potrebbero essere inseriti in questo percorso turistico-archeologico che già è da considerarsi esistente. Ecco una sintesi elaborata dalla studiosa, che ha proiettato anche alcune interessanti slide: nella zona della necropoli, gli elementi architettonici rinvenuti in via Geraci, visitabili all’interno di un condominio di via Ghibellina; il tratto di fortificazione di via S. Marta; la fornace rimontata all’esterno della Casa dello Studente; lo scavo del Municipio e l’annesso Antiquarium, la chiesa di S. Giacomo; i pithoi dell’età del bronzo esposti all’interno del teatro Vittorio Emanuele; la fornace del Tribunale, nel giardino del Museo Regionale, fino alla Torre/Faro di Capo Peloro.

– Dott. Tigano, vista questa grande e interessante attenzione manifestata dalla politica con l’audizione in Commissione Cultura, lei cosa propone per il futuro, come percorso operativo?

«Guardi, è chiaro che obiettivo finale non può che essere l’esistenza di uno spazio espositivo adeguato alla quantità di reperti rinvenuti in quasi trent’anni di scavi, quel museo archeologico del quale da anni proponiamo l’istituzione, che oggi potrebbe trovare posto all’interno del Polo culturale del Margherita. Una struttura moderna, dotata di depositi funzionali, attrezzati, forniti di personale tecnico specializzato, per esempio penso ai restauratori, insomma uno spazio di lavoro e di studio per noi che lavoriamo in Soprintendenza e che tanto tempo abbiamo trascorso sugli scavi per recuperare la memoria, ma che sia aperto anche all’esterno, come laboratorio didattico, per trasmettere questa memoria a tutti».

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