Una scoperta sconcertante in un magazzino, che ha fatto scattare un’indagine ad ampio raggio. La denuncia del titolare dell’impresa con l’accusa di ricettazione di aiuti alimentari non commerciabili in virtù dell’apposito contrassegno dell’Unione Europea: in particolare, latte destinato ai bisognosi, e che invece – pare – stava per essere messo in commercio dalla stessa ditta messinese. Da questo presunto caso di ricettazione, che ha portato al sequestro di quasi 500 litri in confezione di cartone, effettuato dall’Asp 5 – e convalidato dalla magistratura – i carabinieri potrebbero risalire a responsabilità più corpose, forse anche a talune complicità. Sembra configurarsi un caso senza precedenti, che non intacca lo straordinario mondo del volontariato che opera con gli aiuti alimentari, ma che fa riflettere sulla possibilità che anche qui si registrino mele marce. E che magari, qualche volta, manchino ferrei controlli.
Ma vediamo di ricostruire l’accaduto. Nel settembre scorso, nel corso di un controllo di routine nel magazzino di un’impresa, i veterinari del servizio “Igiene degli alimenti” dell’Asp 5, diretti dal dottor Santi La Macchia hanno notato alcuni cartoni vuoti con la poco equivocabile scritta “aiuto Ue – fead – prodotto non commerciabile”: da qui è subito scattato un approfondimento dell’ispezione. Non c’è voluto molto per individuare, sopra una pedana, una grossa partita di latte: quasi 500 cartoni da un litro con il marchio vincolante “aiuto Ue”, latte peraltro di un’azienda siciliana. Altre 500 confezioni, che risultano mancanti, potrebbero essere state immesse sul mercato.
Immediatamente, vista l’entità della scoperta, i veterinari dell’Asp 5 hanno chiamato sul posto i carabinieri che hanno avviato una serrata indagine coordinata dal sostituto procuratore Antonella Fradà. Il sequestro dei viveri è stato convalidato e con grande tempestività la Procura della Repubblica, dopo aver disposto gli accertamenti del caso, ha provveduto a devolvere il latte in beneficenza. Sui contenuti dell’indagine sviluppatasi ad ampio raggio, a maggior ragione sulle persone già ascoltate per accertare tutte le eventuali responsabilità e complicità, vige, com’è giusto, il massimo riserbo.
Un dato interessante è che la fuoruscita di viveri da alcuni stock destinati agli aiuti alimentari, non si limiterebbe al latte scoperto.
Mancherebbero, più in generale, ad un’associazione – ovvero sarebbero spariti verso direzioni non identificate – quintali di provolone, di grana, di parmigiano, di zucchero, di olio. Qualcuno sarebbe riuscito ad aggirare i rendiconti e i controlli periodici che ogni onlus benefica solitamente assicura. Chi ha agito in tal senso potrebbe aver usato abili stratagemmi ma, adesso, l’indagine procede in modo serratissimo, al fine di ricostruire i vuoti esistenti nella tracciabilità di una serie di aiuti alimentari: dalla produzione al consumatore finale. Difficile immaginare che un solo soggetto abbia fatto fuoruscire dal tracciato della solidarietà – senza l’aiuto di nessuno – e smistato a ditte come quella in cui è stato effettuato il sequestro, partite così ingombranti. Le regole del volontariato messinese – lo ricordiamo – prevedono rigorose procedure di distribuzione degli aiuti, e seri protocolli di verifica. Ma, in questo caso, qualcosa d’importante pare non aver funzionato.
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