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Spaccio di droga,
due condanne

Spaccio di droga, due condanne

Autofinanziamento mediante spaccio, furti, rapine, ricettazione e detenzione illegale di armi. Base logistica al rione “Case gialle”. Cointeressenze tra il gruppo di Mangialupi e quello di Santa Lucia sopra Contesse rinsaldate da legami di parentela. Costante contatto tra differenti sodalizi per il traffico di sostanze stupefacenti. Questi elementi hanno caratterizzato l’operazione dei carabinieri chiamata “Lupin”, che adesso ha toccato un’ulteriore tappa processuale con la sentenza di primo grado per quanti hanno scelto il rito ordinario.

La seconda sezione penale di Palazzo Piacentini in composizione monocratica (giudice Pagana) ha inflitto 3 anni di reclusione a Giovanni Aspri e 1 anno e 10 mesi di pena a Rosario Tamburella. Disposto invece il non luogo a procedere, per intervenuta prescrizione, nei confronti di Franco Trovato. I reati contestati dalla Procura, che aveva sollecitato la condanna a 6 anni di reclusione a ciascuno degli imputati, sono stati riqualificati quali fatti di lieve entità, come sostenuto dal collegio difensivo composto dagli avvocati Salvatore Silvestro e Carlo Autru Ryolo.

L’inchiesta dei sostituti procuratori Angelo Cavallo e Giuseppe Verzera, che hanno coordinato i carabinieri della Compagnia Messina Sud, inizialmente vide una dozzina di indagati. Certificò una gestione molto remunerativa del traffico di droga, ma anche una serie di rapine e furti messi a segno con lo scopo di finanziare i vari approvvigionamenti di sostanze stupefacenti.

Il blitz dei miliari dell’Arma sfocio nell’arresto di 12 persone, mentre in sede di chiusura delle indagini preliminari il provvedimento venne notificato ad un tredicesimo individuo, per un episodio di ricettazione.

L’inchiesta, che affonda le radici nel periodo tra il 2006 e il 2007, prese il via grazie a una “soffiata”: un’informazione confidenziale indicò un’abitazione tra le mete preferite di piccoli pusher e giovani tossicodipendenti. Al centro di tutto vi era quindi il binomio composto da droga e denaro, in particolare cocaina e marijuana. I reati di natura predatoria, poi, venivano pianificati ed eseguiti in modo tale fosse disponibile di denaro contante per il successivo acquisto delle “roba”. Tra i colpi contestati ad alcuni indagati, quello del 7 dicembre 2006 a un chiosco del Vascone; un altro, il 12 dicembre dello stesso anno, alla succursale n. 13 delle Poste di via La Farina; una terza rapina, il 2 gennaio 2007, all'agenzia postale numero 11. Nel calderone pure furti di motocicli e di auto, con il metodo del “cavallo di ritorno”.

La droga, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, veniva comprata e ceduta a due nuclei familiari, assicurando un giro di denaro consistente, quantificato in circa 40mila euro al mese. La svolta dell’indagine “Lupin” si ebbe quando i carabinieri di Bordonaro riuscirono a piazzare una microspia nella casa sospettata. Conversazioni, appostamenti e intercettazioni su alcune utenze telefoniche consentirono di raccogliere numerose prove e, soprattutto, di ricostruire i rapporti intensi o sporadici tra alcuni indagati. In particolare, furono svelate profondi legami tra i sodalizi di Mangialupi e S. Lucia sopra Contesse e in più circostanze venne accertato un costante rapporto tra le organizzazioni per procurarsi gli stupefacenti (alcune partite provenivano da Catania e dalla provincia di Enna). Lo smercio della droga era quindi il business di riferimento, tanto che il gip Massimiliano Micali scrisse nell’ordinanza: «Lo spaccio ha rilevato tratti di potente professionalità ed inquietante sistematicità».

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