Saler..sì, Messi..no. Cambiando l’ordine degli addendi, il prodotto cambia. Eccome, se cambia. Vince De Luca, rischiano di perdere Crocetta, Accorinti e l’intera deputazione nazionale e regionale. Anzi, a perdere, alla fine saranno soprattutto i messinesi.
C’è una notizia certa e un’altra al condizionale. La prima: Salerno avrà la proroga di 36 mesi per la sua Autorità portuale. Non c’era alcun dubbio sulla capacità del governatore della Campania Vincenzo De Luca di influenzare le scelte del Governo “amico”, quello del premier Renzi e del ministro dei Trasporti Graziano Delrio. L’Authority di Salerno, che era stata accorpata a Napoli, potrà continuare a mantenere la propria piena autonomia gestionale ed economico-finanziaria per i prossimi tre anni. E poi? Poi, si vedrà...
La seconda notizia: in questo momento, salvo ripensamenti, il ministro Delrio avrebbe (condizionale d’obbligo) deciso di non accordare a Messina la stessa richiesta avanzata per Salerno. Se dovesse esserci una deroga al decreto di riforma della portualità e della logistica, dovrebbe consistere in una proroga di solo alcuni mesi, forse sei, non di più. E dunque, Messina finirebbe, da subito o tutt’al più dai primi mesi del 2017, sotto l’ala ingombrante dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, porto “core” destinato a guidare il sistema della Calabria e dello Stretto.
Indiscrezioni attendibili provenienti da Roma spiegherebbero la decisione del ministro Delrio quale conseguenza del “pasticciaccio brutto” a firma del presidente della Regione siciliana. Crocetta sapeva che il Governo nazionale non avrebbe consentito in alcun modo di aprire eccessive “maglie” nella rete della riforma e avrebbe dovuto limitarsi a chiedere la proroga solo per quel sistema portuale, Messina e Milazzo, che davvero ha i numeri dalla sua parte. Non è una questione di campanilismo, ma pura e semplice constatazione della realtà dei fatti.
E Crocetta, invece, ha complicato le cose, mischiando sauri e ope, per dirla alla messinese. Ci ha messo di tutto nel calderone, Messina, ovviamente Catania (per non fare uno sgarbo al sindaco Enzo Bianco) e perfino Trapani, che è stata sede di Autorità portuale soltanto per un paio di anni e non lo è più da decenni. Strano che non abbia inserito anche Sciacca, Porto Empedocle o Portopalo...
Delrio l’ha presa male, malissimo. Forse si sarà anche sentito preso in giro. Sta di fatto che oggi la proroga di 36 mesi per Messina è quotata 1 a 100, cioè se dovessimo scommettervi, con un euro ne prenderemmo cento, vista l’altissima improbabilità dell’evento. Ma finisse così questa storia, con l’accorpamento immediato di Messina e Milazzo con Gioia Tauro, nel momento in cui l’Autorità portuale svolge un ruolo fondamentale per il presente e il futuro dei nostri territori (in ballo vi sono il ritorno da Palermo del Piano regolatore del porto in corso di approvazione, il piano di bonifiche e la riqualificazione della Falce, gli appalti per il restauro e la valorizzazione dei padiglioni della Fiera, il nuovo porto di Tremestieri), sarebbe uno smacco gravissimo per tutti. E hai voglia a dire, ma sì, però, il “pasticcione” è stato Crocetta. No, sul banco degli imputati saranno chiamati tutti coloro che hanno ruoli istituzionali, che dovrebbero difendere le prerogative di una delle più importanti Città metropolitane d’Italia, che stanno sottovalutando il rischio che corre Messina, quello di vedere risucchiati nel bilancio di un porto fortemente in crisi (Gioia Tauro) i fondi della nostra Autorità portuale divenuti determinati per lo sviluppo dell’intero territorio.
Avessero accorpato Salerno a Napoli, Ravenna e Ancona, Savona (che si dice otterrà la proroga...) a Genova, Trieste e Venezia, nulla da dire. L’obiettivo originario del Governo era proprio questo: lasciare in vita solo otto grandi Autorità di sistema in grado di sfidare la tremenda concorrenza dei porti europei e nordafricani. Ma le “maglie” sono state aperte e vedere che gli altri entrano e che Messina, invece, viene scippata ancora una volta di ciò che le spetta (il rispetto del ruolo, non favori o concessioni per logiche meramente clientelari ed elettoralistiche), è qualcosa di più di un brutto spettacolo. È un affronto, uno sputo in faccia, una sorta di gigantesco “vaffan...” a chi, ahimè, ha il solo torto di vivere sulle rive siciliane dello Stretto.