La chiusura indagini dell’operazione “Matassa”, su presunti intrecci politico-mafiosi nella città dello Stretto, si caratterizza per alcune novità di rilievo: tra i 54 destinatari dell’avviso di garanzia, siglato giovedì, figurano, infatti, il parlamentare messinese Francantonio Genovese e il cognato, deputato regionale, Franco Rinaldi. I due, fino al giorno dell’operazione della Squadra mobile, scattata il 12 maggio scorso, non figuravano nell’elenco degli indagati. Evidentemente, approfondimenti investigativi hanno spinto i pubblici ministeri Maria Pellegrino e Liliana Todaro a contestare loro alcune condotte.
Dai capi d’imputazione si evince che Francantonio Genovese, Francesco Rinaldi, il consigliere comunale Paolo David, Angelo e Giuseppe Pernicone, Baldassarre Giunti, Giuseppe e Cristina Picarella e l’imprenditore Paolo Siracusano (candidato in passato alla presidenza della Provincia) devono rispondere di associazione «allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione elettorale». In particolare, «mediante un diffuso e capillare sistema clientelare», avrebbero ostacolato il libero esercizio del diritto di voto degli elettori, «procurando voti a Rinaldi, Genovese e David» in occasione delle Regionali del 28-29 ottobre 2012, delle Politiche del 24-25 febbraio 2013 e delle Amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Messina del 9-10 giugno 2013. Ciò, in cambio di «somme di denaro, generi alimentari, assunzioni presso strutture sanitarie, agevolazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche e altro». Ma la Procura va a fondo, spingendosi ad attribuire a Genovese e Rinaldi il ruolo di «promotori e organizzatori», in quanto interessati direttamente al buon esito delle consultazioni elettorali». Inoltre, a Franco Rinaldi, Paolo David, Angelo e Giuseppe Pernicone viene contestato che nell’ottobre 2012, «in più occasioni, per ottenere a vantaggio di Rinaldi, candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale siciliano, il voto elettorale», avrebbero dato «ad elettori non identificati utilità consistenti in generi alimentari». Da un altro capo d’imputazione emerge poi che negli anni 2012 e 2013, «per ottenere a vantaggio di Rinaldi e David il voto di Angelo Pernicone, Giuseppe Pernicone e di altri 100-150 elettori non identificati, Genovese, Rinaldi e David, sfruttando il carisma politico» dei primi due «quali principali esponenti di riferimento», avrebbero promesso ai Pernicone «varie utilità, consistenti in facilitazioni, mediante segnalazioni ai soggetti responsabili, per l’aggiudicazione di appalti e servizi alle società loro riconducibili, tra cui la Cooperativa Angel e il Consorzio Sociale Siciliano o per l’inserimento delle predette società negli elenchi delle ditte fiduciarie di enti pubblici (quali il Cas), nonché in assunzioni presso strutture pubbliche e private o in agevolazioni per il disbrigo di pratiche amministrative». Analogo reato (ma per ottenere voti a beneficio di Genovese) viene addebitato agli stessi indagati «in epoca antecedente al giugno 2013».
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