Ai numerosi nodi che avvolgono Palazzo Piacentini e i Palazzi di giustizia della provincia se ne aggiunge un altro che rischia di compromettere seriamente l’attività del distretto messinese. Adesso il tema “caldo” coincide con la bozza di revisione delle piante organiche. In programma, infatti, c’è una rimodulazione contrassegnata dai tagli: due posti in meno al Tribunale di Messina, un posto in meno al Tribunale di Patti, così come nelle Procure della città dello Stretto, di Barcellona e Patti. In totale fanno sei unità di personale cancellate nell’ambito di una geografia riscritta recentemente dal Ministero. In realtà, si tratta ancora di una proposta fatta pervenire nel mese di agosto e che adesso sarà sottoposta all’attenzione dei Consigli giudiziari, il cui parere dovrà essere espresso entro il termine perentorio del 20 settembre.
Già si annuncia battaglia su un argomento tanto delicato quanto decisivo per le sorti di numerosi processi. Ad esempio, il presidente del Tribunale di Messina Antonino Totaro ha redatto un rapporto nel quale si contestano i dati e la proposta. Quest’ultima, inoltre, rischia di determinare un effetto dirompente su un’altra questione non di poco conto, ossia sul mantenimento della Corte d’appello di Messina. Ecco perché prende duramente posizione anche la segreteria distrettuale Unicost (Unità per la Costituzione), composta dai giudici Mario Samperi, Giuseppe Bonfiglio e Maria Militello, che chiede l’intervento della Giunta locale.
Per quanto riguarda la nota del dott. Totaro, quest’ultimo non esita a definire la previsione del Ministero «irrazionale, incomprensibile e gravemente pregiudizievole per la funzionalità di un Tribunale con gravosissime competenze distrettuali, che ha necessità invece di essere rafforzato. Lo schema di decreto di modifica delle piante organiche assegna al Tribunale di Messina un numero di 40 giudici (da 42). E la beffa consiste nel fatto che in città limitrofe come Reggio Calabria e Catania si va verso sensibili aumenti di organico. «Messina sconta in termini di enormi aggravi processuali la stessa identica realtà criminale, posta com’è al crocevia tra la mafia palermitana e la ‘ndrangheta calabrese», rileva il presidente del Tribunale. «Ne è prova l’attività della Dda che “produce” una gran quantità di processi e di maxiprocessi con centinaia di imputati detenuti, che hanno letteralmente dissestato le strutture del Tribunale, implicando la necessità di convogliare nel settore penale la parte maggiore e migliore delle risorse disponibili, sottraendole al settore civile e alla stessa giurisdizione penale “ordinaria”», si legge ancora nel rapporto. Secondo Totaro, poi, vi sarebbero due grosse criticità alla base del progetto ministeriale: «Il primo difetto riguarda il settore penale, ed è quello di replicare la già tante volte criticata opzione di contare anziché pesare i processi», mentre la seconda «attiene al settore del contenzioso civile e consiste nell’assegnazione di un valore secondario, dichiaratamente residuale ai dati statistici sulle pendenze arretrate». Un altro errore governativo viene individuato nel conservare «lo squilibrato e gravemente distorsivo rapporto di 2 a 1 tra l’organico del Tribunale e quello della corrispondente Procura della Repubblica, laddove è fisiologico e normale un rapporto di 2,5/3 giudici per ogni sostituto». Ecco perché, conclude Totaro, «si deve fermamente respingere ogni ipotesi di riduzione dell’organico dei magistrati del Tribunale di Messina e se ne deve, al contrario, proporre un congruo ampliamento». I pericoli sono l’accantonamento di qualsiasi progetto di contenimento della durata delle cause civili entro i limiti di legge e dare risposte meno incisive al contrasto della criminalità organizzata.