«Il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta comunica di aver prorogato, per un periodo di 36 mesi, le Autorità portuali di Catania, Messina e Trapani». Bisognerebbe stappare tre bottiglie di spumante, una per ogni Authority. Ma, in realtà, la notizia, rilanciata dalle agenzie di stampa, va sfrondata dai toni trionfalistici e letta per quello che è realmente. È vero, il governatore siciliano ha inviato al ministro dei Trasporti Graziano Delrio la lettera grazie alla quale sarà possibile una deroga al decreto di riforma della portualità nazionale. E Crocetta chiede il mantenimento dell’autonomia gestionale ed economico-finanziaria dei porti di Messina-Milazzo, di Catania e di Trapani.
Un passaggio essenziale, quello compiuto dal presidente della Regione, ma la proroga non rientra nei poteri di Crocetta. Sarà Delrio a dover esprimere il proprio parere (entro 15 giorni) e poi saranno il ministro e il premier Matteo Renzi a firmare l’eventuale decreto di proroga.
Va chiarito anche un altro aspetto. Crocetta dice di aver chiesto il mantenimento in vita delle tre Autorità portuali, una delle quali, però, quella di Trapani, non esiste più dal 2009, da quando cioè è stata soppressa, dopo essere rimasta in funzione soltanto per pochi anni (era stata istituita nel 2002 e nel 1994, l’anno della nascita delle 24 Autorità portuali italiane). Il porto di Trapani negli ultimi sette anni è stato gestito dalla Capitaneria e nel quadro della riforma nazionale è destinato a essere inglobato nell’Autorità di sistema della Sicilia occidentale che ha come capofila il porto di Palermo.
Ma al di là del caso trapanese, quello che interessa è il futuro del sistema portuale di Messina e Milazzo. Troppe richieste di proroga preoccupano e non vorremmo che il Governo nazionale alla fine adottasse una logica punitiva contro le istanze dei territori che già nei mesi scorsi lo stesso Delrio definì “campanilistiche”. In verità, la proroga per Messina-Milazzo è un atto dovuto, non è una concessione nè un favore. E anzi deve essere solo il primo passo al quale dovrà far seguito la richiesta di un emendamento alla legge di riforma volto all’istituzione della nuova Autorità di sistema portuale Messina-Milazzo (alla quale andrebbero aggregati anche i porti calabresi dello Stretto, Reggio e Villa San Giovanni), che agirebbe in stretta collaborazione con l’Autorità di Gioia Tauro, ma senza esserne inglobata e fagocitata. Non c’è nulla di “campanilistico” in questa visione, solo il riconoscimento della specificità del ruolo svolto dai nostri porti, dell’importanza delle due Città metropolitane dello Stretto (Messina e Reggio), dei numeri inequivocabili, riguardanti i traffici mercantili e di passeggeri, che supportano tale richiesta.
Nulla è ancora deciso e tutto è ancora da giocare. I tre anni potrebbero essere un prezioso lasso di tempo, che però non va sprecato. I Governi che verranno, alla guida della Regione e del Paese, non potranno non prendere atto della volontà del popolo dello Stretto che, pur emarginato e quasi sempre inascoltato, rappresenta una delle porzioni più importanti del territorio italiano e dell’intera regione euromediterranea.
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