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La “messinese” di Amatrice e l’incubo della memoria

La “messinese” di Amatrice e l’incubo della memoria

Guarda i telegiornali con gli occhi piene di lacrime. Le foto del disastro, su tutti i giornali, riaccendono un dolore rimasto sempre in fondo all’anima. Per Graziella Magro, 74 anni, che oggi vive a Messina, a Torre Faro, vedere le immagini del sisma che ha colpito il Centro Italia nei giorni scorsi, è come rivivere un incubo. La signora, originaria di Amatrice, infatti, ha vissuto sulla sua pelle il terremoto che ha colpito quella stessa zona nel settembre del 1950. Era soltanto una bambina a quei tempi, ma ricorda ogni dettaglio di quella maledetta notte di paura. Di fuga. Di case, vite e progetti spezzati.

«Ricordo che quella notte – racconta la donna – ci furono due scosse. Una forte premonitrice e l’altra, ancora più violenta, distruttiva. Dopo la prima scossa io mi sono subito precipitata nella stanza dei miei genitori. Mia sorella, che si trovava in un’altra stanza, invece, dormiva ancora, e mio padre è subito andato a prenderla. Ci ha abbracciate, stringendoci a sé e cercando di farci da scudo».

A strappare Graziella e sua sorella da quell’abbraccio una scossa fortissima, «dopo la quale ci siamo protetti sotto la volta della finestra per poi scappare via». La piccola Graziella e i suoi familiari correvano giù per le scale e vedevano le stesse scale sbriciolarsi dietro le loro spalle al loro passaggio. Ed al passaggio di «un uomo facoltoso che fuggiva tenendo stretto a sé, avvolto in un lenzuolo, un bambino piccolissimo». Un padre ed un figlio, compagni di una fuga disperata. «Anche loro, per fortuna, sono riusciti a salvarsi». «Quelle che sono crollate, come la mia – spiega la signora Magro –, erano case vecchie, ma con mura spesse tra i 40 ed i 60 cm, che avevano resistito ad altri terremoti».

Dopo il sisma, la famiglia Magro rimase per ben tre mesi in una tenda della Croce Rossa: «A quei tempi le tende non erano come quelle di oggi – sottolinea Graziella –, erano fatte con coperte militari. Ricordo bene il freddo che sentivamo, soprattutto di notte. Io, infatti, mi ammalavo spesso». In seguito, si spostarono in una casa in affitto e poi il destino portò la signora Graziella, sposata con un ufficiale della capitaneria di porto messinese, proprio in riva allo Stretto, «da una città “ballerina” ad un’altra città “ballerina”»: «Nella mia attuale abitazione di Torre Faro le scosse, se non sono proprio forti, si sentono raramente, ma quella del terremoto è una paura che mi porto sempre nel cuore».

Amatrice è una bellissima città molto viva dal punto di vista culturale – conclude la donna sfogliando commossa le vecchie foto – e non deve morire sotto le macerie». 

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