La richiesta di deroga al decreto sulla riforma della portualità e della logistica italiana sarà ufficializzata nei prossimi giorni. La firma del presidente Rosario Crocetta probabilmente avverrà a Messina per dare un segnale evidente di attenzione del Governo regionale sui temi cruciali per il futuro dei nostri territori. La mobilitazione delle ultime settimane, consentendo di spezzare la coltre di silenzio gravata sull’argomento, ha indotto sia il governatore siciliano a convincersi definitivamente sulla necessità di presentare l’istanza sia il premier Renzi e il ministro Delrio a comprendere che la riforma non può andare contro ma deve essere al servizio delle aree del Paese coinvolte. Lo ha riconosciuto con chiarezza il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Luca Lotti nel colloquio avuto nei giorni scorsi a Taormina con la Gazzetta del Sud.
A questo punto, dunque, emergono una certezza e una fondata speranza. La certezza è che all’Autorità portuale di Messina-Milazzo sarà accordata una proroga di 36 mesi durante la quale manterrà la piena autonomia amministrativa e gestionale. La speranza, avvalorata dalle dichiarazioni di esponenti del Governo nazionale, è che il riconoscimento dell’autonomia dell’Authority diventi permanente, con un emendamento al decreto che aggiunga alle 15 nuove Autorità di sistema portuale anche quella di Messina-Milazzo, non più accorpata a Gioia Tauro.
Durante l’iter preparatorio della riforma l’attuale presidente dell’Autorità portuale Antonino De Simone, giunto ormai alla conclusione del suo mandato (opera da mesi in regime di prorogatio), aveva evidenziato, nelle osservazioni al Piano strategico della portualità, una serie di aspetti che ora faranno parte integrante della motivazione con la quale Crocetta dovrà chiedere la deroga al decreto.
«Disegnare una riforma attorno alle sole esigenze del traffico containerizzato – scriveva l’Authority messinese – consegnerebbe inevitabilmente la portualità italiana a un ulteriore periodo di arretramento sia nei mercati esterni che in quelli interni. Un simile approccio finirebbe per risultare utile solo a una determinata area geografica del Paese, finendo per diventare non una riforma generale della portualità ma una legge speciale per alcuni e limitati contesti. Una riforma che peraltro penalizzerebbe il Meridione d’Italia, caratterizzato da un complessivo volume di scambi inferiore». Una riforma, dunque, volta a esaltare, non a mortificare, le «specifiche qualità intrinseche» dei porti italiani e dei loro territori di riferimento. Ed è questa la sfida che adesso va giocata con ancor più forza, dopo le assicurazioni date dal Governo nazionale e dalla Regione.