La droga della mafia tortoriciana invadeva la fascia tirrenica legando più binari criminali, dai Nebrodi a Milazzo, passando per Barcellona. Una “Triade” del malaffare comprovata dall’omonima operazione che ha accertato l’esistenza di una stretta connessione tra organizzazioni delinquenziali attive in un territorio vasto. All’alba di ieri i carabinieri del comando provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di ventuno persone, quindici delle quali ristrette in carcere, cinque sottoposte agli arresti domiciliari e una con obbligo di presentazione. A vario titolo sono ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, uso e diffusione di banconote false.
Come è emerso dalle indagini sviluppate sin dal settembre 2013 dalla Compagnia di Milazzo, i tortoriciani avrebbero garantito i “rifornimenti” di stupefacenti percorrendo, a bordo di fuoristrada, mulattiere e strade di montagna dei Nebrodi, per giungere sulla fascia tirrenica. Le investigazioni, in particolare, hanno permesso di documentare il trasferimento periodico di ingenti quantitativi di hashish e marijuana dal “produttore” ad altre due diverse ramificazioni della stessa organizzazione che si preoccupavano poi di commercializzare lo stupefacente nelle principali “piazze di spaccio” del litorale tirrenico. A capo dei tortoriciani ci sarebbe il 42enne Carmelo Galati Massaro, che nella gestione dei traffici si sarebbe avvalso di uomini di estrema fiducia, quali la moglie e il fratello minore.
L’interlocutore privilegiato per l’immissione nel mercato degli stupefacenti sarebbe invece Nicolino Isgrò, 48enne di Condrò, figura carismatica riconosciuta negli ambienti malavitosi per la quasi trentennale “carriera” criminale. Considerato contiguo alla mafia barcellonese, “trasversale” rispetto alle vecchie e nuove generazioni, Isgrò secondo gli investigatori vestirebbe i panni di leader dell’articolazione “milazzese” dell’organizzazione, unico ad avere rapporti diretti, sia telefonici che di persona con Galati Massaro. Gli incontri tra i due, che avvenivano sempre nel parcheggio di un centro commerciale, servivano a concordare prezzi, quantità e modalità di consegna dello stupefacente.
Isgrò fungeva poi anche da elemento di congiunzione con il gruppo “barcellonese”, i cui esponenti di spicco sono stati individuati nel 29enne Filippo Biscari, nel 31enne Salvatore Iannello (cugino del primo) e nel 41enne Giuseppe Aricò. I tre, attraverso contatti costanti ed incontri che avvenivano sempre nel centro commerciale, si assicuravano settimanalmente cospicue dosi di stupefacente destinate alla vendita al dettaglio nel Longano, avvalendosi tra gli altri del consigliere comunale di Terme Vigliatore, Francesco Salamone Francesco.
Nel corso delle esecuzioni sono stati rinvenuti e sequestrati circa tre chili e mezzo di marijuana e hashish destinati allo spaccio, stupefacente che si aggiunge alla considerevole quantità già sottoposta a sequestro nel corso delle indagini, durante le quali sono stati anche arrestati in flagranza nove persone
La struttura “unificata” non si sarebbe dedicata solo alla droga ma anche alle armi, che sarebbero servite da una parte a proteggersi dalle bande rivali e dall’altra a porre in essere intimidazioni, nell’ambizioso tentativo di accresce l’egemonia. Emblematico il dialogo tra Isgrò e Iannello, in cui il primo propone l’acquisto di un fucile e il secondo chiede il costo di una pistola. Isgrò propone «settemila....seimila e cinque per dieci pistole....contanti...nuove». Costo ritenuto eccessivo per Iannello, «nuova...potrebbe passare un 700 euro l’una», risponde ancora Isgrò. Inoltre le componenti milazzese e barcellonese sarebbero state pronte anche ad aiutarsi in favori relativi ad “azioni di fuoco”. Sempre Isgrò in un colloquio con Iannello: «Se devi bruciare una saracinesca, gli devi sparare ad uno nelle gambe, dico se voi non volete uscire, ci possiamo scambiare questo tipo di favore».
I barcellonesi avrebbero acquistato da Isgrò anche banconote false per creare un ulteriore canale di finanziamento illecito e generare importanti introiti. Un business non molto diffuso nel Messinese ma molto redditizio, basti pensare che diecimila euro di banconote false avevano un costo di 1500 euro. Venivano utilizzate spesso banconote di piccolo taglio, specie da 20 euro, forse anche provenienti dalla Campania: su questo canale sono ancora in corso accertamenti. L’ordinanza di custodia è stata emessa dal gip Daniela Urbani su richiesta della competente Dda diretta dal procuratore Guido Lo Forte, coadiuvato dai titolari dell’indagine, i sostituti procuratori, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco.
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