L’emergenza, nella più ottimistica tra le ipotesi, potrà solo essere tamponata. La soluzione ha tempi lunghi. Forse lunghissimi. E passa, inutile nasconderselo, dalla realizzazione di impianti per il trattamento e la valorizzazione dei rifiuti: opzione perseguita da decenni ovunque nel mondo, del resto. “Non nel mio giardino” è concezione che bisognerà avere la forza di mandare in soffitta. Tipicamente italica e “sublimata” nel Meridione, prevede che i disagi siano accettabili – addirittura auspicabili – solo quando toccano agli altri. Da qualche parte gli impianti dovranno essere realizzati, Regione e Governo abbiano il coraggio di dire dove, in che tempi e di tirare avanti. O forse qualcuno ritiene che vada adottata la soluzione campana di alcuni anni fa? Rifiuti sui treni verso la Germania, quando la terra brucia. Una follia.
Non riveliamo nulla che non sia noto sulla scorta delle risultanze di innumerevoli inchieste giudiziarie: le pressioni e le infiltrazioni della criminalità organizzata – che a queste latitudini ha i connotati di Cosa Nostra nelle sue derivazioni provinciali – nel business dei rifiuti, sono conclamate e gli effetti letali. Ma non è più tempo di calcoli (anche e soprattutto politici) e timori. Se il governo regionale non ce la fa a imporre un piano, una “exit strategy” che prevede un percorso tortuoso e accidentato sotto molti profili, ci pensi Roma ad avocare la soluzione del problema, commissariandoci. E stabilendo, in via definitiva, giacché ancora si tentano “mediazioni” e correzioni di rotta, quanti impianti dovranno essere realizzati in Sicilia, di che natura, in quali aree e in che tempi. Che dovranno essere ristretti.
Le discariche nella nostra isola non sono più sufficienti ad accogliere i rifiuti giornalmente prodotti da cinque milioni di residenti, e comunque appartengono a una concezione non più accettabile di affrontare il problema dello smaltimento. Hanno arricchito pochi – non di rado imprenditori settentrionali – e danneggiato tutti. Chilometri quadrati di paesaggio sono stati distrutti, pozzi inquinati, comunità costrette a convivere con un “mostro ambientale”, com’è accaduto nel Messinese con la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, ancora sotto sequestro. Utile perché vicina, nel senso che i costi di trasporto ora sono lievitati a dismisura, ma non per questo salvifica per i bilanci degli enti locali, che però oggi rischiano di saltare.
Vorremmo essere ottimisti, ma non ce la facciamo. Sebbene a Palermo e Roma le elezioni non siano ancora all’orizzonte – poi, non si sa mai... –, il tatticismo politico, la paura di scontentare comunità e perdere consensi, temiamo possa imbalsamare ogni decisione in ambito regionale. E dunque, avanti con provvedimenti tampone e pannicelli caldi: costi economici altissimi, nessuna soluzione strutturale. E invece servono gli impianti, pertanto ci pensi Renzi se Crocetta non ce la fa. Corra il rischio, il premier, di perdere qualche voto in Sicilia, in compenso avrà il merito storico di aver affrancato la nostra terra dalle pressioni criminali e da un’emergenza che rischia di metterci in ginocchio. Pensate un po’: in giro per il mondo, in questa estate, una Sicilia ovunque invasa dai rifiuti. Danno non quantificabile.
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