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Quest’anno, per favore,
niente boss sotto la Vara

Quest’anno, per favore, niente boss sotto la Vara

La settimana che si è conclusa è stata caratterizzata da una delle più importanti operazioni antimafia condotte congiuntamente da polizia e carabinieri contro il clan di Giostra ed è culminata con il convegno nazionale che ha visto radunarsi a Messina, alla presenza del comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette, i rappresentanti delle settanta associazioni aderenti alla Federazione antiracket e antiusura. Tornano in primo piano, dunque, prepotentemente i temi della legalità e della lotta senza quartiere a tutte le forme di criminalità organizzata che ammorbano il tessuto socio-economico della nostra così come di tante altre città del Sud (e non solo).

L’immagine che qui pubblichiamo risale all’estate del 2013. Il sindaco Renato Accorinti si era insediato da appena due mesi. E alla vigilia di quel Ferragosto, davanti al cippo della Vara, si verificò il grave episodio che vide protagonisti, da un lato, due componenti del Comitato, e dall’altro, vittime di una pesante aggressione verbale, i ragazzi di Addiopizzo. Seguirono ore di fortissima tensione e Accorinti, spinto dall’entusiasmo popolare che lo aveva portato, contro ogni pronostico, al “trono” di Palazzo Zanca, ebbe un’intuizione geniale. «Mi faccio io garante della legalità», disse. E salì sulla poderosa “machina” festiva, facendo quasi da capoVara, applaudito dalle migliaia di tiratori e vogatori e dai fedeli ai lati delle corde. Lo fece con il suo tipico gesto, quello delle “magliette” monotematiche: si tolse la precedente (“no Ponte”) e prima di indossare quella – ovviamente non è sempre la stessa... – che non ha più tolto in questi tre anni, si mise addosso la t-shirt di “Addiopizzo”.

In quel clima, passò quasi sotto silenzio la foto pubblicata dalla Gazzetta del Sud, che ritraeva Luigi Tibia, all’epoca a piede libero (lo è stato fino a pochi giorni fa) con la mano sulla spalla di un sorridente Accorinti.

Né in quell’occasione né ora la pubblicazione di un’immagine vuol essere, da parte nostra, un atto d’accusa che lascia intendere chissà quali contiguità o complicità. La storia di Renato Accorinti è un libro aperto così come il suo impegno sul fronte educativo per la legalità e per il contrasto alla criminalità organizzata.

La questione è un altra. Ed è la stessa che poniamo ormai da anni e che puntualmente torna alla ribalta. Qualche anno fa fece scalpore la foto di Puccio Gatto, all’epoca il boss riconosciuto di Giostra (ora ristretto al “41 bis”), in prima fila sotto la Vara, ossequiato dagli altri tiratori.

Il posto di Gatto sembra essere stato preso – lo si afferma con chiarezza nella corposa ordinanza dell’operazione “Totem” – proprio da Luigi Tibia, legato da vincoli di parentela con la famiglia dei boss storici del quartiere, i Galli. Gli inquirenti lo indicano come attuale reggente del clan mafioso. Leggiamo, a questo proposito, una pagina dell’ordinanza firmata dal Gip: «Al Tibia è stato più volte riconosciuto lo status di soggetto pericoloso e per tale ragione è stato sottoposto a misure di prevenzione, le cui disposizioni ha puntualmente violato, dimostrando la sua assoluta refrattarietà al rispetto dei dettami dell’Autorità e la sua non comune pervicacia a delinquere. Ne sono testimonianza le vicende connesse ai procedimenti penali “Scilla e Cariddi”, “Game Over” e “Arcipelago” in cui lo stesso è stato coinvolto, da cui si ricava la sua profonda aderenza alla consorteria criminale capeggiata dallo zio Luigi Galli e poi dal reggente Puccio Gatto. Il 2 dicembre 2009 il Tibia è stato tratto in arresto a seguito della condanna riportata per i fatti dell’operazione “Arcipelago” e nelle motivazioni l’organo giudicante ne ha sottolineato il ruolo non marginale nell’ambito di un sodalizio mafioso ancora attivo. Anche indagini più recenti hanno confermato l’appartenenza di Tibia alla consorteria criminale di Giostra e il 15 luglio 2011 è stato tratto in arresto per avere eluso le disposizioni di legge in materia di misure patrimoniali, avendo attribuito fittiziamente a terzi la titolarità dei beni facenti parte del patrimonio illegalmente acquisito dal clan mafioso di Giostra».

Nel 2013 Tibia è tra i tiratori della Vara, nell’estate successiva acquisisce – con i metodi venuti alla luce grazie all’indagine congiunta di polizia e carabinieri – il lido di Mortelle, continuando ad agire come un “imprenditore” nel tessuto economico cittadino. E nel frattempo organizza le corse clandestine, sovrintende, minaccia persone, percuote cavalli e trova il tempo di dare l’incarico a un cantante melodico per celebrare il suo “campione” “Adrenalina”.

Ecco, saremmo anche ingenui ma vorremmo che quest’anno non ci siano più boss o “reggenti” ai piedi della Vara. I criminali ci sono sempre stati? Vero. Ma stiano ai margini, la processione dell’Assunta è una festa di popolo, non la prova di forza di un clan. È chiedere troppo?

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