«Durante la navigazione sullo Stretto di Messina, per disposizione della Capitaneria di Porto di Messina, per motivi di sicurezza, non è consentito rimanere a bordo delle carrozze. I viaggiatori dovranno trasferirsi nel ponte salone della nave prima del traghettamento». Il messaggio arriva dal sistema di diffusione presente alla stazione marittima e dagli amplificatori della nave. E lascia sbigottiti i passeggeri. Una versione aggiornata e indecente del classico “Signori, si scende!”. Tutti sul ponte. Tutti. Anziani, bambini. E i disabili? Per loro non c’è più posto sui treni che attraversano lo Stretto sulle navi di Rfi. Da quando, tutto ciò? Da ieri. Già, perché il gruppo Ferrovie non ha avuto nemmeno il buon gusto di avvisare prima, né tantomeno di chiedere – come avrebbe fatto qualunque armatore privato, che ha tutto l’interesse di tutelare servizio e clienti – una proroga di qualche giorno.
Così, di punto in bianco, arrivano le nuove disposizioni per lo Stretto: non è più consentita la sosta nelle carrozze caricate nel ponte binari; è temporaneamente sospeso il servizio di prenotazione per persone a ridotta mobilità e con disabilità. Un’enorme barriera architettonica, un servizio che anziché acquisire innovazioni indietreggia, si “medievalizza”, se ci è consentito il termine. E se non viene applicato quanto disposto, la nave non può partire. Inevitabili le ripercussioni, ieri i passeggeri che si sono ritrovati di fronte alla “sorpresa” non l’hanno presa benissimo e si sono registrati scontati e prevedibili ritardi. Quasi beffardo il comunicato diffuso nel pomeriggio da Rfi, in cui si legge che il gruppo «ha già attivato un tavolo tecnico presso le sedi competenti per ridurre al minimo i disagi per i viaggiatori dei treni». Quel già stona proprio, visto che si tratta comunque di accorgimenti delgiorno dopo. Non ha aiutato, va detto, la tempistica. Il provvedimento della Capitaneria di Porto da cui si origina il tutto è del 30 giugno, frutto di una riunione, tenutasi il giorno prima, della commissione compartimentale di sicurezza. La visita sulle navi di Rfi, si legge nel provvedimento, «ha avuto esito non soddisfacente per gravi non conformità inerenti la sicurezza della navigazione e le misure volte alla tutela dell’unità in caso di incendio». Da qui la disposizione del comandante della Capitaneria Nazzareno Laganà: «Al fine di garantire l’incolumità dei passeggeri ivi presenti, gli stessi devono lasciare il mezzo ferroviario prima della partenza dell’unità per recarsi nel ponte passeggeri dell’unità durante la traversata nello Stretto di Messina».
Il gruppo Rfi ha subito preso atto , disponendo a sua volta, tramite il responsabile della Direzione Navigazione Carmelo Rogolino, che «il Comando di Bordo delle unità navali di Rfi, in occasione del traghettamento di treni viaggiatori, deve accertarsi che, prima dell’inizio della traghettata, tutte le vetture ferroviarie siano vuote e che i passeggeri, ogni eccezione rimossa, si trovino presso il ponte salone passeggeri per tutta la durata della traversata». Altro che continuità territoriale. Siamo all’anno zero. «Sono in corso approfondimenti per individuare la migliore soluzione per continuare ad assicurare alle persone a ridotta mobilità e con disabilità il servizio di assistenza, temporaneamente sospeso, garantito dal network Sale Blu di Rete Ferroviaria Italiana». Nessuno, naturalmente, si è posto il problema che magari qualche cittadino disabile possa aver prenotato un biglietto proprio per ieri, salvo ritrovarsi obbligato a scendere dal treno e a salire, chissà come, sul ponte.
Per martedì 5 luglio è previsto un tavolo tecnico al ministero dei Trasporti, a cui è stata convocata anche la Regione, con all’ordine del giorno proprio il traghettamento dello Stretto. Un’altra occasione per la politica locale per rivendicare una continuità territoriale che ogni giorno di più diventa solo un accostamento casuale di due parole, vuote di contenuti. Vuote, come la politica locale stessa.
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