Capita spesso che di una persona si dica: “ha un gran cuore”. Quasi sempre lo si fa in modo figurato, per spiegare quanto sia buona d’animo, generosa, affettuosa. Nel caso di Lorena Mangano il senso è duplice. Perché Lorena era certamente una persona buona, «semplice e pulita» come amano definirla i suoi amici e i familiari. E perché il suo cuore da 23enne si è dimostrato essere grande, tenace oltre ogni immaginazione. Fortunato sarà chi lo sentirà battere dentro il suo petto. Già, perché il cuore di Lorena continuerà a battere, i suoi reni continueranno a funzionare, le sue cornee continueranno a “vedere”. Il suo fegato, poi, molto probabilmente salverà la vita ad un bimbo di Roma, in attesa di un trapianto urgente, appeso a quello stesso, sottile filo a cui Lorena è rimasta attaccata fino a ieri pomeriggio.
Lorena non ce l’ha fatta, la sua morte cerebrale è stata dichiarata poco prima delle 20 dai medici del reparto di Rianimazione al Policlinico, dove si trovava ricoverata dalla notte tra sabato e domenica, da quando nulla è stato come prima. Le procedure previste in questi casi sono iniziate intorno alle 12.20, poco dopo i familiari hanno chiesto che gli organi di Lorena venissero donati. Era stata lei stessa, in una di quelle confidenze tra amici che un po’ si cerca anche di esorcizzare, a far sapere che semmai le fosse capitato qualcosa, i suoi organi avrebbero dovuto donare vita ad altre persone. E così sarà. Le fasi di mantenimento del donatore, come vengono definite in questi casi, sono state curate dall’equipe di Rianimazione diretta dal prof. Antonio David e dal coordinamento donazione organi e tessuti, di cui è responsabile il prof. Francesco Puliatti.
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