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Contesse, in fiamme
l’auto del parroco

Contesse, in fiamme l’auto del parroco

Non si discute d’altro a Contesse: il caso dell’automobile del parroco Santino Cannistrà, andata in fiamme, alimenta il chiacchiericcio. I membri della comunità religiosa e i residenti in questa porzione di territorio ne parlano da giorni. Per la precisione, da venerdì scorso, giorno in cui la notizia si è diffusa con grande velocità.

Sull’episodio sono ancora in corso indagini sia da parte dei vigili del fuoco che della polizia di Stato. Al momento, non si esclude la pista dolosa, ma saranno accertamenti più approfonditi a dare un responso certo. Eppure don Santino, in una lettera inviata alla “Gazzetta”, che non è altro che l’omelia della messa odierna, sgombra il campo da equivoci. Infatti, dice di sentirsi «svuotato ma non piegato», come «colpito da un pugno nella notte», sferrato con violenza da uno sconosciuto. Lo definisce «un pugno nel buio», dato «da un invisibile fratello che ha voluto dimostrare a se stesso di essere forte pensando di limitare la libertà di azione e di pensiero di un prete».

Il fatto in questione si è verificato nella notte tra giovedì e venerdì. Intorno alle 4, qualcuno ha lanciato l’allarme ai vigili del fuoco per un veicolo in fiamme. Era la Ford Fiesta di proprietà del prete della chiesa di Santa Maria Immacolata, ubicata in via Marco Polo, a Contesse. La vettura era parcheggiata sul sagrato del luogo di culto e, per ragioni che gli investigatori tanno accertando, è stata avvolta dalle lingue di fuoco. I pompieri, giunti tempestivamente sul posto, hanno domato il rogo prima che provocasse ulteriori danni. L’incendio li ha insospettiti e, di conseguenza, hanno chiesto l’ausilio del personale della Sezione volante della polizia. L’area è stata perlustrata con attenzione, per verificare l’eventuale presenza di elementi riconducibili al gesto doloso.

Come detto, ancora da chiarire la scintilla che ha determinato il rogo. Potrebbe essere stato innescato semplicemente da un cortocircuito o dalla mano dell’uomo. Ma stando a quanto scritto da don Santino Cannistrà, la seconda ipotesi sembra la più accreditata. Non a caso, nella lettera sottolinea di non essere arrabbiato, ma di sentirsi fiero di guidare la sua umanità umana e cristiana. Poi, spazio al perdono: «Pregherò per chi ha voluto dimostrarmi la sua idiozia umana e il suo potere e chiederò ogni giorno al Signore che gli riscaldi il cuore con il fuoco del suo amore».

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