«Quello nuovo registratosi, a Forza d’Agrò, lungo la condotta del Fiumefreddo, è un movimento franoso abbastanza importante: mercoledì, al termine di una riunione tecnica comunicheremo il tipo di interventi che l’Amam effettuerà per la messa in sicurezza della condotta, e diremo se e quando scatterà un’interruzione programmata dell’erogazione idrica, per poche ore e non di più».
Ecco, sintetizzato dall’assessore comunale alle Infrastrutture Sergio De Cola, che ieri ha accompagnato i vertici dell’Amam nel sopralluogo a Forza D’Agrò, il consuntivo di una giornata rivelatasi ancora un po’ interlocutoria dal punto di vista della nuova “emergenza frane” che minaccia l’acquedotto del Fiumefreddo e con esso l’erogazione idrica in città.
Quantunque il pericolo non appaia incombente nell’immediato, grazie anche al clima estivo, molto alto resta il livello di allarme, e ciò in considerazione di quanto è stato registrato dagli strumenti posizionati nel sottosuolo di contrada Fondaco Parrino: proprio nell’area in cui tra la fine di gennaio e i primi di febbraio scorsi, sono stati inseriti nella roccia 12 pali per difendere la condotta dalla pressione esercitata dal terreno che sta scivolando verso valle. In particolare, un inclinometro, posizionato a 16 metri di profondità, risulta addirittura spezzato e non più estraibile dal terreno. Il movimento franoso, pertanto, sta consumandosi ad una profondità più che doppia rispetto alla frana di fine 2015 a Calatabiano. Nel centro etneo l’instabilità geologica si attestava ad “appena” 6 metri. Ed una simile profondità appare alquanto preoccupante.
Al sopralluogo di ieri hanno preso parte il presidente dell’Amam, Leonardo Termini, l’ex direttore generale Luigi La Rosa, e una serie di tecnici e consulenti tra i quali il geologo Garufi e l’ingegnere Musumeci già progettisti dell’intervento urgente di consolidamento attuato alcuni mesi fa. Un intervento da 200.000 euro per il quale fu subito chiarito che si trattava di una soluzione tampone, indispensabile per la salvare la condotta ma insufficiente ad arrestare il forte movimento franoso. Non a caso, per studiare meglio quest’ultimo, furono posizionati in profondità gli inclinometri, che negli ultimi giorni hanno lanciato l’allarme. Adesso, dopo i rilievi topografici eseguiti ieri mattina, l’Amam e il Comune intendono attuare la migliore soluzione definitiva per mettere in sicurezza la condotta. «La tipologia sarà definita da qui a mercoledì, quanto ai costi di questo consolidamento, ben più alti di quelli di febbraio, dipenderanno dalla scelta tecnica che sarà fatta. Quel che è certo – assicura il presidente dell’Amam, Leonardo Termini – è che sarà un intervento radicale e risolutivo, come abbiamo fatto a Camaro per il problema dell’acqua inquinata». Tutto questo non fa una piega ma non può che preoccupare l’inevitabile ripercussione che interventi, che vengono definiti «risolutivi e complessi», in ragione della loro durata, avranno sull’erogazione in città.
Al contempo fa rabbia il ritardo accumulato da Sicilia Acque che entro il 30 aprile, avrebbe dovuto provvedere al ripristino della condotta dell’Alcantara in previsione delle emergenze così come dell’estate. L’Alcantara garantirebbe quella dotazione costante di 400 litri secondo che, nel caso di un blocco della condotta del Fiumefreddo (900 litri secondo) ed in aggiunta all’acqua della vecchia “Santissima” e dei pozzi cittadini (150 litri secondo) ridurrebbe di molto un’eventuale crisi idrica a Messina. La città soffrirebbe meno perché con l’Alcantara l’erogazione sarebbe gestibile, anche nelle zone collinari, e il problema non potrebbe assurgere a un drammatico caso nazionale.