Un’altra serie di fotogrammi delle telecamere di videosorveglianza dei negozi di via Gerobino Pilli fa stabilire un orario abbastanza preciso agli inquirenti per la sequenza dei due spari. Che sarebbero stati esplosi dopo una sorta di “chiarimento” tra i due.
«Viene registrato - scrive il gip Arena -, un ultimo passaggio di De Francesco lungo la stessa via intorno alle 10,36 in direzione mare-monte (verso il bar di Perticari) seguito da una serie di eventi che consentono di collocare il momento degli spari in questo frangente. In particolare dalle immagini si notava un improvviso simultaneo volo di uccelli, i movimenti di una serie di soggetti che si trovavano all’esterno della tabaccheria che guardavano in direzione monte ove si sarebbe verificata la sparatoria».
Un altro passaggio importante sulla dinamica dell’omicidio ci viene fornito dalle prime risultanze dell’autopsia eseguita dal medico legale Fabrizio Perri, considerato che era emerso subito che De Francesco era stato attinto da due proiettili alla coscia e alla schiena.
Scrive infatti il dott. Perri che: «... Considerate le sedi e le caratteristiche delle lesioni, si ritiene poter affermare che il colpo d’arma da fuoco responsabile del decesso sia stato esploso alle spalle, mentre la vittima si trovava con il tronco inclinato anteriormente, risultando pertanto compatibile sia con una posizione della vittima in piedi con il tronco inclinato in avanti, sia nell’ipotesi in cui la stessa fosse alla guida di un motociclo».
Quindi secondo il medico legale il secondo colpo alla schiena, quello risultato mortale, potrebbe essere stato esploso dall’omicida anche mentre De Francesco si trovava a bordo di uno scooter e cercava di allontanarsi, dopo la lite.
Ci sono poi altri elementi, tra le poche testimonianze raccolte che fanno emergere la personalità di De Francesco. Scrive per esempio il gip Arena che «... il giovane, che come sopra si è visto, è stato definito da numerose persone come violento e litigioso, sarebbe stato eliminato a causa di una serie di “sgarri”. Nel corso di una conversazione un interlocutore riferiva all’altro di avere appreso che a sparare era stato un appartenente al c.d. clan Ventura, definito uno “duro” che si era fatto trent’anni di galera e che aveva agito a volto scoperto affinché fosse evidente che si trattava della punizione per il comportamento che De Francesco aveva tenuto nei confronti del proprio figlio. Altre conversazioni, di analogo tenore, individuavano in Perticari Adelfio l’autore del gesto nonché quello che doveva essere il movente (la punizione per avere picchiato il proprio figlio)».
Un teste ha per esempio affermato su De Francesco che «... nel rione è notorio il suo atteggiamento di “bullo di quartiere” in quanto spesso litigava con chiunque, anche arrivando a picchiare, non sottostasse ai suoi soprusi».
E si tratta di un omicidio cui «... hanno assistito una moltitudine di persone, come dimostrano le immagini... e d’altra parte il fatto si è consumato di sabato, a metà mattina, in un’area particolarmente trafficata».
Ma il silenzio è stata una costante: «Eppure - scrive ancora il gip Arena -, nessuna delle persone escusse ha inteso fornire un contributo utile alle indagini a dimostrazione del clima di omertà che regna nel quartiere e che deriva dal clima di assoggettamento scaturente dall’azione della criminalità mafiosa che opera nel territorio». (n.a.)
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