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De Francesco ucciso
da proiettili a espansione?

De Francesco ucciso da proiettili a espansione?

È finita molto tardi, ieri sera, l’autopsia sul corpo di Giuseppe De Francesco, il ventenne ucciso sabato scorso a Camaro San Paolo da due colpi di pistola. Forse di calibro 38. Forse a espansione, che in gergo vengono chiamati “dum dum”. E che hanno un impatto devastante sul bersaglio, molto più delle munizioni cosiddette normali.

Ma per sciogliere i tanti dubbi di un omicidio molto complicato ci vorrà ancora tempo. Il medico legale Fabrizio Perri ha lavorato per ore visti i quesiti parecchio complessi e dettagliati formulati dal pool di sostituti della Dda che segue il caso, i magistrati Fabrizio Monaco, Liliana Todaro e Maria Pellegrino.

C’è ancora parecchio da capire sulla dinamica di quello che da giorni è divenuto un tarlo per magistrati e investigatori, alla prese con un vero e proprio muro d’omertà e di reticenze. Anche ieri gli investigatori hanno proseguito il lavoro tra accertamenti, controlli e interrogatori.

Ma solo con l’esito definitivo dell’esame stub sui due indagati, padre e figlio, di cui abbiamo scritto nell’edizione di mercoledì, e poi con i risultati definitivi dell’autopsia, si avranno le prime certezze.

L’autopsia darà un contributo fondamentale soprattutto per chiarire la dinamica della sparatoria avvenuta nel rione di Camaro San Paolo e confermare o meno l’ipotesi che sembra considerata più probabile dagli investigatori, ovvero che nelle intenzioni di chi ha sparato c’era solo una gambizzazione. Forse c’è stata una reazione della vittima, poi una colluttazione, quindi sarebbe partito un secondo colpo che è poi risultato fatale per De Francesco.

Ma è questa una ricostruzione che ancora deve trovare conferma. Il ventenne è stato raggiunto da due proiettili che lo hanno centrato alla gamba e alla schiena, all’altezza dell’anca. Qualcuno lo ha trasportato al pronto soccorso dell’ospedale Piemonte in condizioni gravissime e poi si è eclissato. De Francesco è morto poco dopo.

Il fascicolo sul tavolo dei magistrati dopo la prima fase di accertamenti vede comunque due indagati di cui abbiamo già scritto mercoledì, ovvero A.P., 46 anni, una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, e il figlio 26enne. Ma nei loro confronti - almeno fino alla notte in cui andiamo in stampa -, non è stata emessa alcuna misura custodiale restrittiva.

Il presunto movente che in questa prima fase viene preso in considerazione dagli inquirenti è incentrato su una pregressa lite tra De Francesco e il ventiseienne indagato, nel corso della quale quest’ultimo sarebbe stato pesantemente picchiato.

A distanza di qualche giorno si sarebbe avuto un successivo intervento chiarificatore anche con l’interessamento del padre del ventiseienne, che poi sarebbe degenerato in qualcosa di definitivo e mortale.

Ma è veramente questa la spiegazione investigativa dell’omicidio di Camaro? Oppure ci sono altre liti, “chiarimenti”, spedizioni punitive cui avrebbe partecipato De Francesco, per esempio nell’ambito della movida notturna, che hanno poi scatenato una “reazione”?

A quanto pare non è soltanto la singola vicenda che vede indagati padre e figlio al centro degli accertamenti di questi giorni degli investigatori. Gli inquirenti hanno passato al setaccio tutto quanto la vittima ha fatto, e detto, negli ultimi mesi, ricostruendo le “frizioni” passate con testimonianze e verbalizzazioni. Le prossime 24 ore potrebbero essere quindi decisive.

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