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Delitto di Camaro,
un muro di omertà

Omicidio De Francesco la soluzione sembra più vicina

La morsa dei carabinieri si stringe sempre più forte attorno al muro d’impenetrabile omertà di tanta parte del villaggio di Camaro San Paolo. L’assassino di Giuseppe De Francesco non ha ancora le ore contate ma qualche particolare importante potrebbe presto condurre gli investigatori ad assicurarlo alla giustizia.

All’indomani dell’agguato – i due colpi di pistola che hanno causato la morte del ventenne, presentatosi da solo al pronto soccorso con un polmone trapassato da un proiettile penetrato da un’anca (l’altra pallottola lo ha colpito a una coscia), non sono pochi gli elementi raccolti dai carabinieri della compagnia Messina centro e dal nucleo investigativo. I militari, coordinati dal sostituto procuratore dell’Dda Fabrizio Monaco e dal sostituto Piero Vinci, hanno cercato di ricostruire la dinamica, i luoghi e il movente dell’agguato che qualcuno ha sferrato contro il ventenne: un giovane orfano di padre, e che era legato al compagno della madre (Giovanni Tortorella, esponente di un gruppo criminale della zona sud) da un rapporto affettivo che lo induceva a qualificarsi con il suo cognome.

Al momento, la pista più probabile risulta quella che pone all’origine dell’omicidio uno “sgarro” da punire con una gambizzazione finita male, o anche una vendetta personale nei confronti di De Francesco parimenti degenerata. Vittima della violenza criminale che forse è andata oltre il suo obiettivo, un giovane che secondo gli inquirenti era in possesso di “personalità” autonoma. Tanto da aver già subito, a soli vent’anni, condanne definitive per furti, lesioni, porto d’arma. Un omicidio che andrebbe inquadrato, insomma, nell’ambito della criminalità comune più che in quella strettamente mafiosa.

Ma veniamo alla ricostruzione al momento più verosimile.

Secondo quanto accertato già a partire dalla notte tra sabato e domenica, l’agguato non si sarebbe verificato lungo il viale Europa alto o lo svincolo Messina centro bensì all’interno del rione Camaro San Paolo. Non è ancora certo il punto esatto dell’aggressione a colpi di pistola: se esso ricada, come pare, lungo la via Gerobino Pilli, nelle vicinanze di quella piazzetta contraddistinta dai rifiuti più che dalle aiuole oppure, in alternativa, in qualcuna delle stradine tra le palazzine tutte uguali che conducono verso la chiesa di San Paolo e la piazza-anfiteatro rimasta incompiuta.

Nel luogo dell’incontro casuale, o forse dell’appuntamento per il “chiarimento” dagli esiti mortali, il sicario avrebbe esploso il primo colpo di pistola su una coscia del ventenne e da lì sarebbe seguita la colluttazione tra De Francesco ed il suo feritore durante la quale sarebbe partito il secondo sparo, col proiettile penetrato da un’anca e schizzato verso il polmone. Ma la stessa traiettoria anomala potrebbe essere stata lo sbaglio di chi, volendo gambizzare, la seconda volta avrebbe puntato la pistola un po’ troppo in alto.

Non può essere ancora esclusa, naturalmente, una specifica volontà omicida, ipotesi questa che condurrebbe più facilmente nell’alveo dei clan emergenti, e forse giustificherebbe l’idea che qualcuno abbia voluto eliminare quel giovane, così caro a Giovanni Tortorella, pochi giorni dopo che quest’ultimo è stato associato al carcere di Gazzi per scontare una condanna definitiva a 5 anni e 4 mesi. Quel giovane che già da tempo faceva sentire la sua “esuberanza” in un villaggio come quello di Camaro S. Paolo. Dove la distanza tra uno sgarro e un proiettile è uno spazio minimo, e la violenza della componente criminale detta la sua folle legge.

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