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Senza la protezione
del “patrigno”

Senza la protezione del “patrigno”

Giuseppe De Francesco potrebbe aver pagato a caro prezzo la lontananza fisica da colui che decise di prendersene cura quando era molto più piccolo, ossia il “patrigno” Giovanni Tortorella. Quest’ultimo, lunedì scorso, ha deciso di costituirsi in virtù della sentenza definitiva emessa dalla Corte di cassazione in merito all’operazione “Case basse”. In compagnia del suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, si è presentato nel carcere di Gazzi, dove dovrà scontare una pena di 5 anni e 4 mesi. Proprio il venir meno di tale rete di protezione potrebbe aver spinto il protagonista dell’agguato, poi rivelatosi tragico, a sentirsi più sicuro, a incontrarsi con Giuseppe De Francesco ieri mattina, a ridosso della parte alta del viale Europa. Evidentemente, voleva chiarire qualche faccenda rimasta in sospeso e ha deciso di portare con sé una pistola. Stando a una prima ricostruzione della dinamica, è molto probabile che l’intenzione non era quella di eliminare il ventenne ma la situazione è sfuggita di mano e quell’arma, in uno scatto d’impeto, si è ben presto rivelata strumento di morte. Giuseppe De Francesco, assieme al fratello Tyron, era così legato al “papà” da qualificarsi con il cognome Tortorella. Quanto a Giovanni Tortorella, da qualche giorno ha iniziato a espiare la condanna relativa all’inchiesta Case basse, l’indagine di Procura distrettuale antimafia e carabinieri del Comando provinciale che nel 2009 stroncò i clan emergenti, con ramificazioni a Santa Lucia sopra Contesse e a Giostra, e i cui interessi spaziavano dalle estorsioni allo spaccio di sostanze stupefacenti. (r.d.)

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