Mentre divampa la polemica sulla gestione del canile “Millemusi”, i militari del Nas piombano nella struttura di Castanea assieme ai tecnici dell’Arpa. Una visita del tutto inaspettata quella di ieri mattina, il cui obiettivo era quello di controllare in dettaglio le condizioni del rifugio immerso nel verde dei Colli Sarrizzo.
Ancora non trapela nulla sugli esiti del sopralluogo che si è protratto per alcune ore. Gli uomini del Nucleo antisofisticazioni e sanità dell’Arma dei carabinieri (provenienti da Catania) e il personale dell’Agenzia per la protezione ambientale sono stati accompagnati dal commissario Massimo Costantini, da volontari e collaboratori che quotidianamente prestano servizio nel canile. Sotto la lente d’ingrandimento dei Nas sono finiti l’Area sanitaria, dove gli amici a quattro zampe vengono sottoposti ad analisi di tipo veterinario, e i box che ospitano decine e decine di animali. Gli esperti dell’Arpa hanno invece puntato l’attenzione sul depuratore che è annesso alla struttura di Castanea.
Durante le due differenti perlustrazioni sarebbero state rivolte domande ad hoc sullo stato di salute dei cani, sulle condizioni igienico-sanitarie della struttura e sul tipo di cura prestato. Chiesta anche documentazione specifica, indispensabile al personale operante al fine di delineare un quadro completo sul rifugio. «Tutto si è svolto in un clima collaborativo – ha precisato il commissario Costantini –. A marzo, subito dopo il mio insediamento, ho contattato l’Azienda sanitaria provinciale in modo da avere contezza di vari aspetti. Sulla qualità delle acque abbiamo già un rapporto dell’Asp».
L’azione svolta dai Nas e dall’Arpa rientra nell’ambito della tutela della salute dei cani e dell’ambiente. Non è chiaro, al momento, se siano intervenuti d’ufficio o in seguito a denunce presentate in Procura. L’unica certezza è che il “blitz” si innesta in un momento piuttosto delicato, caratterizzato da aspri botta e risposta con tanto di conferenza stampa e comunicati in cui si evidenziano punti di vista agli antipodi su come sia stata portata avanti la struttura municipale nell’ultimo arco temporale. Sulle condizioni del canile ha preso posizione, qualche settimana fa, anche l’assessore Daniele Ialacqua, precisando che Palazzo Zanca aveva già sollecitato l’Asp di anticipare gli annuali controlli e che i monitoraggi eseguiti alla presenza dei vigili urbani e di un funzionario del dipartimento Ambiente e sanità del Comune di Messina avevano escluso la presenza di situazioni tali da generare allarme.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è caduta alla fine dello scorso mese di febbraio, quando il consigliere comunale Libero Gioveni ha presentato un’interrogazione all’Amministrazione sulla base di alcuni dati forniti dalla sezione messinese del Movimento etico tutela animali e ambiente (“Meta”). Report in cui si parlava di 38 cani morti nel 2015. Le accuse sono state rispedite al mittente da amministrazione comunale e Lega nazionale per la difesa del cane, secondo cui i decessi erano «assolutamente fisiologici e in linea con la media dei centri ricovero per animali», in quanto riferiti a cani con età avanzata. Da allora il clima è divenuto sempre più rovente, con critiche su metodi di educazione durante la precedente gestione e sull’operato del veterinario, dubbi su presunte omissioni e ritardi nella trasmissione dei verbali riguardanti affidamenti, ingressi o decessi degli animali. I riflettori sono stati accesi anche sulle condizioni di sicurezza e igiene, sulla cura dei quadrupedi e sui protocolli, che a giudizio di qualcuno, sarebbero stati ignorati.
I principali protagonisti della querelle sono da un lato Ina Merenda, ex presidente della sezione messinese della Lega della difesa del cane, dall’altro l’avvocato Annalisa Bertolami.
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