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A Barcellona c’è l’imprenditoria mafiosa

A Barcellona c’è l’imprenditoria mafiosa

La mafia barcellonese che controlla l’economia “illegale” ma anche fette molto grosse di quella legale attraverso gli imprenditori collusi. I suoi solidi contatti sui due versanti, quello catanese e quello paelermitano. Il fenomeno del pentitismo che ha scardinato un’organizzazione che il procuratore capo Guido Lo Forte di recente ha paragonato per affari, profitto, influenza e ferocia a quella palermitana e nissena. La collaborazione importantissima, un segnale nuovo, di alcune vittime d’estorsione mafiosa. Il traffico di droga che continua ad essere una delle attività più redditizie dei clan messinesi, che proseguono ad intessere solidi legami con i gruppi catanesi e la ’ndrangheta calabrese.

C’è questo e tanto altro nella relazione del sostituto procuratore nazionale antimafia Eugenia Pontassuglia, nella parte dedicata alla provincia di Messina, di cui il magistrato si occupa. Un capitolo dell’annuale rapporto sulle mafie in Italia della Direzione nazionale antimafia, presentato nei giorni scorsi in Parlamento. Un rapporto fondamentale per capire come si evolvono le organizzazioni criminali di anno in anno nel nostro Paese.

Il quadro generale

Secondo quanto è emerso dalla recenti inchieste della Dda di Messina - scrive il sostituto della Dna Pontassuglia -, il territorio della “fascia tirrenica” tra Mistretta, Patti e Barcellona Pozzo di Gotto, è caratterizzato dalla presenza di organizzazioni mafiose che «in virtù dei collegamenti con Cosa nostra delle province di Palermo, Catania e Caltanissetta, presentano strutture e sistemi operativi del tutto omologhi a quelli di Cosa nostra della provincia di Palermo», mentre nei territori della città di Messina e della “fascia jonica” «operano organizzazioni di tipo mafioso che intrattengono più intensi collegamenti con Cosa nostra - e altre organizzazioni mafiose - della provincia di Catania, nonché con esponenti della ’ndrangheta calabrese».

La fascia tirrenica

Per raccontare dell’evoluzione dell’ultimo anno il magistrato della Dna parla dei procedimenti “Gotha 1 e 2” e “Pozzo 2”, e dà conto della «particolare attenzione» della Dda di Messina alle attività poste in essere dalle associazioni mafiose della cosiddetta “fascia tirrenica” (da Tortorici a Mistretta, da Barcellona Pozzo di Gotto a Mazzarrà Sant’Andrea, a Santalucia del Mela e via dicendo), che sono «caratterizzate da strutture e metodi operativi del tutto omologhi a quelli di Cosa nostra palermitana. La varietà e molteplicità degli interessi economici presenti in questo territorio ha portato la mafia barcellonese ad acquisire il controllo non soltanto dell’economia illegale (traffico di stupefacenti ed estorsioni), ma anche di quella legale, attraverso imprenditori “mafiosi” o, comunque, collusi con le associazioni mafiose. Come già evidenziato nelle relazioni degli anni precedenti, questa analisi ha trovato una eccezionale conferma in una lunga serie di procedimenti iscritti a far data dal 2010».

I legami dei Barcellonesi

E sempre facendo riferimento alle operazioni “Gotha” e “Pozzo” il magistrato sottolinea che hanno «permesso di fare piena e completa luce sui vertici e sull’organigramma di quel particolare ed agguerrito sodalizio mafioso. denominato “dei Barcellonesi”, riconducibile a “Cosa nostra” siciliana, operante sul versante tirrenico della provincia di Messina. Tale sodalizio è risultato in continuo e costante contatto con le più importanti e autorevoli famiglie mafiose dell’isola, fra cui i Lo Piccolo di Palermo, i Santapaola di Catania, i Virga-Farinella di San Mauro Castelverde, operando con esse su un piano di assoluta parità e piena cooperazione».

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