Ma il Comune dell’anno 2016, alla luce delle sue finanze e delle sue capacità, anche di progettazione, è in grado di portare avanti programmi di riqualificazione, di valorizzazione e di gestione della sua costa più pregiata? Detto in due parole, il nostro Comune, che purtroppo tende all’isolamento, è in grado di fare turismo?
A questa domanda un’ampia maggioranza di cittadini risponde “no”, e lo fa in base a quel che vede. Non da 3 anni, ma da molto di più.
È sufficiente un giro della riviera nord, dalla Fiera per cui Palazzo Zanca ha bloccato il bando internazionale sino alla scandalosa area Seaflight, il ghetto di Capo Peloro, e poi nei villaggi tirrenici, Acqualadrone come San Saba e le sue Montagne di sabbia oppure Orto Liuzzo (per cui c’erano 700.000 euro e non si sono utilizzati) per constatare come il waterfront curato, in cui i servizi pubblici e le attività private si sposano bene, non è certo la regola. Per comprendere perché il litorale di Messina è turisticamente così arretrato, vulcanizzato un po’ ovunque da scenari squallidi che contraddicono la bellezza dello Stretto, si può ricordare l’assenza di un Piano spiagge. Per tanti altri waterfront della Sicilia i Piani di utilizzo del demanio esistono: la Regione li ha decretati e resi legge. A Messina no, e di conseguenza, in pregiudizio del Comune stesso e della città, si può mantenere di tutto: dalla mega tettoia d’eternit di un cantiere di Fiumara Guardia alle recinzioni perfettamente autorizzate “stile gabbia” senza nulla dentro, alle super concessioni dell’area Trocadero dove c’è una casba di attività sconnesse dal mare e, infatti, non si vede più il mare, incluse le nuove distruzioni della prima pista ciclabile. Colpe della Regione, certo, ma il Comune esercita un qualche ruolo? Senza soffermarsi troppo sulle “piccole” cose, come l’ubicazione del pescivendolo furgonato di Principe – con l’acqua del pesce sul marciapiede nuovo di zecca – hanno un valore simbolico le vicende delle due piste ciclabili: la vecchia e la nuova.
La prima, tra Paradiso e Pace era ed è decisamente più bella ma non è più nemmeno gestita. Le ultime mareggiate hanno aumentato i punti di distruzione al Trocadero di Pace, ma ormai – che sia competente il Comune o la Provincia, chissenefrega – sperare in una ricostruzione è da illusi.
La nuova pista ciclabile, che arriva a Principe, è decisamente meno bella, soprattutto nella ringhiera di metallo scelta dai progettisti comunali in luogo di quella di ghisa della prima. Sicuramente questo impoverimento estetico è stato imposto da limiti finanziari. Ma così, certo, non si creano né bellezza né sviluppo. Ora sono arrivate anche gli archetti anti sosta selvaggia: una lunghissima barriera, quasi un inno al... metallo, che fa rimpiangere terribilmente la prima pista cordolata. Forse anche gli archetti, come la ringhiera, saranno dipinti di bianco. E l’effetto migliorerà un po’ ma è chiaro anche da questo che ambiziose politiche turistiche fondate sulla qualità e la coerenza delle opere, sono tristemente lontane, si trovano ad una distanza siderale da Messina.
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