Altri cinque casi di brucellosi nella zona sud della città. Della fastidiosa malattia infettiva sono risultate affette altre quattro persone adulte e una ragazza di quattordici anni che si è aggiunta – tra i minorenni – a un ragazzo di diciassette e a una ragazzina di dodici.
Continua a crescere, dunque, e il dato non sorprende il Servizio di Epidemiologia dell’Asp, il numero dei messinesi che tra la fine del 2015 e il gennaio 2016 hanno contratto la patologia certificata dalle analisi, e anche stavolta addebitata al consumo di formaggi freschi, ricotta o latte non pastorizzato provenienti da animali infetti. Si tratta della più intensa epidemia di questo tipo verificatasi in città nel nuovo secolo, seconda solo nell’ultimo trentennio – per numero di casi – a quella che si diffuse, sia nella zona sud che nella nord, durante gli anni 90.
Un’ipotesi sulle possibili fonti d’infezione si può ormai delineare. Se molti referti notificati all’Igiene pubblica dell’Asp hanno fatto riferimento al consumo di latticini (formaggio primo sale e ricotta) avvenuto in occasione delle degustazioni gratuite tenutesi a Tipoldo, dove un operatore avrebbe prodotto in loco ricotta con latte da lui acquistato, appare sempre più probabile, però, la presenza di diversi focolai infettivi. Focolai distribuiti su un vasto territorio collinare e quindi anche costiero, da Tremestieri a Santo Stefano, da Santa Margherita a Mili.
Anzitutto sono due gli allevamenti in cui l’Asp 5 ha ufficialmente riscontrato, tra novembre e gennaio, la presenza di alcuni capi infetti. Bisogna verificare, naturalmente, se qualcuno abbia violato le leggi che impongono il divieto di utilizzare quegli animali per la produzione e commercializzazione di latte e formaggi. Al contempo, i veterinari dell’Asp hanno avuto notizia della presenza di piccole greggi allo stato brado, animali inselvatichiti che potrebbero aver contagiato capi ovini sani in diverse contrade.
Abbastanza varia risulta anche la gamma dei possibili alimenti portatori del bacillo della Brucella, secondo quanto riferito dagli ammalati. Per lo più ricorre la citazione di formaggi freschi come primo sale o anche pepato fresco, del latte non pastorizzato, o della ricotta consumata anche sotto forma di cannolo magari molto tempo fa: l’incubazione della malattia può durare, infatti, anche 4 settimane. Si tratta quasi sempre, però, di prodotti acquistati senza etichette, senza la garanzia, per il consumatore, della “tracciabilità” del prodotto.
In qualche caso, con i formaggi, sono state indicate verdure sospette. Si tratta, però, di un’ipotesi estrema che presuppone il passaggio di capi infetti in un campo coltivato ed il mancato adeguato lavaggio delle stesse verdure.