La condivisione è uno degli elementi essenziali della vita di una comunità. Quando qualcuno – le fasce più deboli, i più sfortunati, chi si trova all’improvviso senza un lavoro e impossibilitato a far fronte a qualsiasi impegno finanziario – si trova in condizioni disperate, è l’intera città che se ne deve fare carico. Come quando accadde la tragedia di Giampilieri e centinaia di persone sono state costrette per mesi ad alloggiare in albergo.
Fatta questa premessa, e preso atto del compiacimento che non può non essere generale (nessuno avrebbe potuto gioire se ci fosse stato un intervento con la forza per sgomberare i locali degli edifici occupati), non possiamo non rilevare come la giornata di ieri può dirsi in qualche modo “storica”. S’è aperta ufficialmente una maglia e adesso chiunque ha il diritto di entrarvi.
Sono centinaia le persone che attraversano momenti drammatici, sul piano economico-sociale e familiare. Non solo i nuclei familiari che, evidentemente disperati, hanno deciso di prendere possesso di un ex plesso scolastico comunale e di un immobile privato che un tempo era stato adibito a caserma dell’Arma. Centinaia, forse migliaia, di messinesi che non sanno a che santo votarsi, che non riescono più a far fronte alle rate del mutuo o dell’affitto, che vengono raggiunti da ingiunzioni di sgombero, che sono costretti a vivere in condizioni precarie, contando solo sull’aiuto dei nonni e delle loro misere pensioni.
Non si tratta di fare demagogia spicciola. È la realtà dei fatti che viviamo giorno per giorno. E, dunque, la questione delle emergenze abitative non può essere affrontata solo sull’onda delle occupazioni. Perché altrimenti passa il principio che l’uso della forza – prendere possesso di un bene altrui, anche quando le tue ragioni sono innumerevoli e sacrosanto è il diritto ad avere una sistemazione dignitosa per sè e per la propria famiglia è sempre un atto “violento” – legittima le soluzioni, mentre chi sta in silenzio è un fesso. E può aspettare quanto vuole, perché come dice il detto, campa cavallo che l’erba cresce.
Sono pubblici i soldi che verranno dati ai titolari dell’albergo che da ieri ospita gli occupanti dell’ex Foscolo e dell’ex San Leone. Sono anche i nostri soldi. Ed è giusto che si sia tutti solidali. Ma guai a dare, in una vicenda come questa, l’impressione che alla fine per risolvere i problemi bisogna semplicemente forzare un lucchetto. Ed okkkupare...
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