«È una “mappazza”, una scelta che non ha senso, l’inizio di una partita che Messina è destinata inevitabilmente a perdere». Nel confronto sulla riforma dei porti e sull’accorpamento Messina-Gioia Tauro entra, a gamba tesa, uno dei giocatori che ritiene di avere più voce in capitolo, l’amministratore della Tourist Vincenzo Franza. «Rivendico il diritto di dire la mia da tecnico, da imprenditore ma, soprattutto, da cittadino messinese», precisa l’ingegnere che, poi, intende subito sgombrare il campo dagli equivoci. «Sia chiaro, prima che si dica che i Franza vogliono boicottare la riforma per chissà quali motivi, che o Gioia Tauro o Catania-Augusta, per il gruppo Caronte&Tourist non cambia assolutamente nulla. Il mio ragionamente nasce da considerazioni tecniche e diventa inevitabilmente una riflessione sulle prospettive future. Francamente, ho letto e sentito tante opinioni, ma, mi scuseranno il prof. Limosani e i miei amici Ardizzone e D’Alia, le ragioni che hanno portato all’unione con Gioia Tauro sono una colossale “minch...”».
È un errore strategico – sostiene l’ing. Franza –, perché si è attribuita alla nuova Autorità di sistema portuale una funzione che non ha: il simbolo dell’Area integrata dello Stretto. «Sono state sovrapposte logiche diverse – afferma l’ad della Tourist –. L’Area dello Stretto è un enorme valore aggiunto, è l’orizzonte verso il quale credo tutti vogliamo e dobbiamo tendere. Ma che c’entra un ente, quale l’Authority, chiamato a gestire moli e traffici e al quale la nuova proposta di legge assegna un ruolo da “super-Capitaneria di porto” che dipenderà direttamente dal ministero delle Infrastrutture, in una visione centralista che lascia poco spazio, se non nulla, alle istanze dei territori? L’Area dello Stretto è un sistema di relazioni, di trasporti e di collegamenti che va oltre la gestione del porto e che dovrebbe essere assicurata da un’Agenzia o Azienda, istituita con legge (come sta avvenendo in tante altre realtà), deputata a governare tutti i sistemi di mobilità tra le due sponde dello Stretto. Ma assieme all’errore strategico, c’è anche l’assenza di motivazioni tecniche in grado di supportare una tale scelta».
Ne è convinto l’ing. Franza: «Ma come è possibile ignorare che il 90 per cento dei traffici che ci riguardano provengono e vanno a Catania e nella Sicilia orientale e solo una minima parte residuale si dirige altrove? Era giusto battersi per un’Autorità dello Stretto ma, in ogni caso, il naturale scenario nel quale Messina potrebbe e dovrebbe inserirsi è quello del sistema della Sicilia Orientale. E invece oggi ci ritroviamo dentro una “marmellata” dove ci sono Messina-Milazzo assieme, non solo a Reggio e Villa, ma a Corigliano, Vibo, Palmi, Crotone e Gioia Tauro. E a proposito di Gioia, sono purtroppo inconsistenti le tesi di chi esalta le magnifiche sorti e progressive di questa nuova Autorità. Gioia Tauro è in profondo declino, è gestito da un concessionario che deciderà per i prossimi 50 anni le sorti del porto, le società che comandano il settore dei containers hanno i loro porti di riferimento, come Tangeri o Algeciras, e non hanno alcun motivo di investire qui. E non faccio neppure riferimento alle giuste preoccupazioni del presidente Crocetta sui condizionamenti della ‘Ndrangheta all’interno del porto calabrese. Ci stiamo suicidando: i nostri traffici sono essenzialmente siciliani e noi ci stacchiamo dalla Sicilia, finiamo in un calderone indistinto dove c’entra poco o nulla l’Area dello Stretto ma si ritrovano, come monadi disaggregate, porti senza alcun nesso logico. E per di più regaliamo la “governance” ai calabresi. Si può essere più autolesionisti di così?».
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