La confusione genera mostri. Finchè in piazza ci vanno gruppi, comitati e associazioni, che hanno il diritto di manifestare le proprie idee, nessuno può dir nulla. Ma quando a una manifestazione, come quella svoltasi ieri, nonostante la pioggia, partecipano due esponenti della giunta comunale, qualche domanda è giusto porla, qualche risposta legittimo pretenderla.
Il “mare negato”: questo il titolo-slogan del corteo promosso dal movimento “accorintiano” Cambiamo Messina dal basso e al quale hanno aderito vari altri soggetti, dai Cinque Stelle all’OrSa, da Rifondazione comunista a Sel, da L’Altra Europa con Tzipras alla Confederazione unitaria di base. Una marcia per gridare un sostanziale “no” ai programmi e alle competenze dell’Autorità portuale sul waterfront, per dare sostegno al Comune nel contenzioso giudiziario ingaggiato per la titolarità di alcune aree della Falce e per urlare la volontà dei messinesi di riprendersi il proprio affaccio a mare. In corteo anche due assessori comunali, Daniele Ialacqua, e Sebastiano Pino (che ha la delega alle Politiche del Mare).
Tra tante idee condivisibili, nelle rivendicazioni espresse ieri, emerge un’insanabile contraddizione di fondo: la richiesta dell’attivazione del Punto Franco, chiodo fisso di tanti “sostenitori del nulla” che in passato hanno contribuito a lasciare che niente cambiasse e che la Falce si trasformasse in un’immensa cloaca a cielo aperto, in una “enclave” senza regole, in uno scenario da apocalisse post-industriale, tra macerie di attività pseudoproduttive e frutti di scelte scellerate, come il vecchio inceneritore in riva al mare.
Agli smemorati di turno va ricordato cosa avrebbe comportato l’ormai improponibile Punto Franco nelle aree della Zona falcata: la realizzazione di insediamenti destinati alla lavorazione delle merci e ad altre attività industriali su una superficie di 144 metri quadrati, tale da ricomprendere per intero perfino i resti (vincolati) della Real Cittadella. Da un lato, dunque, si grida contro l’Autorità portuale, “brutta, sporca e cattiva”, dall’altro si chiede che la Falce non venga mai più restituita ai cittadini, ma destinata ad ospitare ancora una volta simulacri di una industrializzazione fallita e impossibile, almeno in quel luogo che dovrebbe, invece, essere soltato recuperato e valorizzato per le sue bellezze paesaggistiche e i suoi tesori.
Ecco perché chiediamo a Ialacqua e Pino, e al loro sindaco, quale sia l’idea di waterfront dell’amministrazione Accorinti. Ce lo spieghino, vogliamo capirlo, una volta per tutte.